Circa un anno fa scoppiò una polemica furiosa sui souvenir ispirati alla mafia o comunque a personaggi mafiosi venduti in tantissimi negozietti e chioschetti della Sicilia, di cui fu chiesta la messa al bando per evitare che l’isola fosse associata costantemente alla criminalità e all’illegalità. Benché la Sicilia stia facendo di tutto per affrancarsi dall’associazione automatica alla mafia e da odiosi pregiudizi, ecco arrivare un’altra bufera scatenata dal gioco da tavola “La Famiglia – The Great Mafia War”.
Il gioco è stato prodotto dall’azienda tedesca Boardgame Atelier e ha addirittura vinto il premio As d’Or 2024 in Francia. In cosa consiste il gioco? In un certo senso può essere considerato una sorta di “Risiko” ma in salsa siciliana, ispirato alla guerra di mafia degli anni ’80.
Le istruzioni del gioco? Si fronteggiano delle squadre, o meglio dei clan mafiosi ognuno dei quali con abilità speciali, senza esclusione di colpi. L’obiettivo è conquistare la Sicilia e imporsi come clan egemone e durante le fasi di combattimento si possono usare autobombe, commissionare omicidi o costruire laboratori per produrre droga e navi per contrabbandarla. Dinamiche legate alle strategie criminali della mafia anni ’80, che ha fatto infuriare molte persone.
Il parlamentare regionale messinese Alessandro De Leo ha definito “inaccettabile” che un fenomeno criminale così odioso come la mafia possa trasformarsi in un gioco. L’esponente di Forza Italia ha scritto una lettera al governatore Renato Schifani per chiedere di intraprendere tutte le azioni possibili per contrastare la diffusione di questo gioco, così come molte associazioni a suo tempo si mobilitarono per chiedere la messa al bando dei souvenir ispirati alla mafia. “Questo prodotto offende la dignità dei siciliani – ha tuonato De Leo – e svilisce l’impegno quotidiano di milioni di cittadini che si battono per la legalità e la giustizia nella nostra regione”. Anche Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone ucciso dalla mafia, si è detta indignata da questo gioco che “offende chi è morto servendo lo Stato”.
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