Era il 2 maggio del 2011. Una data per segnare la fine della guerra americana contro Bin Laden. Ma non certo la fine della guerra contro il terrorismo. Ma questa è un’altra storia. Che cosa è accaduto quel giorno? La ricostruzione ufficiale, quella più vicina, probabilmente, alla realtà, la fornisce la Cia. Ma solo anni dopo, precisamente nel 2016. Attraverso una ricostruzione meticolosa, diremo oggi una sorta di storytelling, in modo inusuale, usando twitter.
Partiamo dalla fine per cercare di seguire, al contrario, un filo logico. Torniamo alla famosa data del blitz. Era da poco passata l’una del mattino (ora pachistana), quando Osama Bin Laden è stato ucciso da un corpo speciale dell’esercito statunitense.
Il blitz era scattato qualche ora prima, seguito minuto per minuto nella stanza Ovale della Casa Bianca. Presenti Obama, la vice dell’epoca Hillary Clinton, lo staff ristretto del presidente allargato ai vertici militari. Almeno quelli che si riconoscono in una famosa foto diffusa qualche ora dopo il blitz.
L’operazione, come dicevamo era scattata qualche ora prima con il decollo degli elicotteri, da basi segrete americane dislocate sul territorio, che trasportano il nucleo d’élite sul nascondiglio individuato dai servizi segreti americani, dai satelliti e, sembra, anche da informatori sul posto. A proposito della base di partenza, la Cia parla solo di una generica base statunitense in Afghanistan. Dalla partenza alla destinazione, il nascondiglio di Bin Laden, passano un’ora e 39 minuti. L’unico incidente, non rilevante, ricordato nella ricostruzione americana, riguarda il quasi impatto tra due elicotteri durante la fase di atterraggio (si dirà più tardi che uno degli elicotteri ebbe un incidente in fase di atterraggio, per questo ritornarono indietro con un solo elicottero). Si muovevano di notte e in uno spazio molto ridotto. L’incidente non ferma l’operazione che procede secondo i piani stabiliti. Da quel momento in poi, sempre seguendo la ricostruzione analitica dell’evento, il presidente Obama segue tutte le operazioni nella famosa “Situation room”, una stanza attrezzata per le emergenze nazionali e internazionali.
I militari si calano sul tetto del nascondiglio. L’azione secondo i dati forniti dalla Cia, dura solo nove minuti. Secondo molte indiscrezioni, mai rese ufficiali, i militari non incontrano grande resistenza prima di entrare nella stanza dove si trovava l’obiettivo numero uno del blitz. Alle ore 15,39 (orario di Washington), Bin Laden viene ucciso. Si trovava al terzo piano di questo edificio/caserma nel territorio del Pakistan. Il gruppo scelto americano si attarda nella sede dello stratega dell’attacco all’America compiuto l’11 settembre del 2001. Lo fa perché raccoglie tutto il materiale possibile che trova in quei locali. Dalle ore 15,39 alla prima identificazione provvisoria del corpo di Bin Laden, comunicata direttamente a Obama (era in corso una sorta di live dell’operazione con la Casa Bianca), passano altri 14 minuti. C’è ancora qualche dubbio sull’identità della persona uccisa. Gli elicotteri si rimettono in volo alle ore 16,10. Ma, lo ricordiamo, ad Abbottabad, in Pakistan, è notte fonda (per il fuso orario). Una notte senza luna e luci. Non abbiamo altre documentazioni ufficiali di quello che accade tra le 16,10 e le 19 e un minuto quando, il presidente in persona riceve quella che in gergo militare viene definita “la conferma di alta probabilità dell’identificazione di Osama Bin Laden».
Ma dalla Casa Bianca non si decidono a comunicarlo alla Nazione e al mondo. Quella sera accade anche altro. Un giornale, l’unico americano, ferma improvvisamente le rotative alle 22,30 per cambiare il giornale con qualcosa di “sorprendente”. E’ la classica fuga di notizie che comincia a circolare anche in altre redazioni europee. Solo alle ore 23,35 Obama compare in tv per un messaggio straordinario a reti unificate. È la conferma: Osama Bin Laden è stato ucciso dalle forze speciali americane in un blitz condotto con successo in Pakistan.
C’è un seguito, ovviamente, alla storia del blitz ed anche altri particolari ricostruiti in modo meno ufficiale da testate americane. Il New Yorker, per esempio, racconta come le forze militari americane siano entrate nell’edificio con rapidità. Ma neutralizzando, immediatamente, i potenziali pericoli per il successo dell’operazione. Sono complessivamente nove gli uomini scelti americani a portare a termine l’operazione. Si dividono dal terzo al primo piano, eliminando fisicamente almeno cinque uomini presenti nell’edificio. Quando entrano, al terzo piano nella stanza-obiettivo, trovano due delle mogli di Osama che cercano, quasi per difenderlo, di fare scudo con il proprio corpo. Ma inutilmente. L’azione dura pochi secondi. Gli uomini entrati nella stanza aprono il fuoco colpendo Bin Laden e finendolo con un colpo alla testa. In quel momento parte il messaggio in codice «Per Dio e per il Paese, Geronimo Geronimo Geronimo”. Poco dopo aggiungono, «Geronimo E.K.I.A», cioè “Enemy Killed in action”, il nemico ucciso durante l’azione.
Il corpo viene portato via in un bustone di plastica, quelli militari. Vengono prelevati subito una parte del midollo e alcuni tamponi per la prova del Dna. Confermata l’identità, rispettando il rito islamico, come precisa subito la Casa Bianca, il corpo di Osama Bin Laden, avvolto in una tunica bianca, viene gettato in mare, poche ore dopo il blitz, in un punto non precisato del mar Arabico. Ed il motivo di questa sepoltura non sepoltura è molto chiaro: non consentire in nessun modo di creare un posto simbolo per i fanatici e i terroristi di tutto il mondo. Anche il corpo di Osama Bin Laden doveva sparire. A questa storia ufficiale del blitz, si aggiungono controverse ricostruzioni. Ne ricordiamo, per dovere di cronaca, quella considerata più autorevole, ma fortemente criticata per mancanza di prove e per una ricostruzione definita piuttosto fantasiosa.
Ci riferiamo all’articolo scritto dal giornalista americano Seymour Hersh. Non proprio l’ultimo arrivato: nel 1970 vinse il Premio Pulitzer per aver raccontato il massacro di My Lai durante la guerra in Vietnam e nel 2004 raccontò le violazioni dei diritti umani nel carcere di Abu Ghraib in Iraq. Tuttavia, negli ultimi anni Seymour Hersh ha scritto diversi articoli considerati complottisti e piuttosto contraddittori. Il giornalista americano ha sempre contestato la versione ufficiale della cattura e uccisione di Bin Laden. Sostiene che il leader di Al Qaeda era stato catturato dai servizi segreti pakistani nel 2006. Quindi, era nelle mani delle forze militari pakistane che lo usavano per tenere sotto controllo Al Qaeda ed anche come arma di ricatto nei confronti dell’America. Così, nel 2010 parte l’operazione di consegna a Obama di Bin Laden da parte del Pakistan che lo teneva prigioniero e ben sorvegliato proprio ad Abbottabad. Altro che blitz. L’accordo prevedeva aiuti militari e non solo al Pakistan. Così, il presunto blitz, per il giornalista, era solo una consegna del prigioniero. Troppo scomodo da tenere in vita. Anche per l’America. L’intenzione, fin dall’inizio, era quella di ucciderlo. Ma qualcosa andò storto. Uno degli elicotteri precipitò durante l’operazione e Obama fu costretto ad accelerare tutto e a cambiare versione già preparata per raccontare la morte del leader “ad opera di un drone”. Proprio i resti dell’elicottero lasciato sul terreno, costrinsero l’inquilino della Casa Bianca a cambiare i piani e modificare la versione di quanto era accaduto.
Riprendendo la ricostruzione giornalistica, gli uomini scelti del Navy Seals, accompagnati da uomini dell’Isi pakistano (servizi segreti) entrarono nella camera da letto dove si trovava Osama Bin Laden e lo crivellarono di colpi. Del corpo, secondo la ricostruzione del giornalista americano, rimase ben poco. Al punto che decisero di gettarlo sulle montagne dell’Hindukusch (al nord del Paese). Ma la ricostruzione di Seymour Hersh è stata molto criticata dai colleghi e smentita dalle autorità militari e politiche degli States. Sia per la mancanza di fonti che per evidenti contraddizioni con quella che era la realtà dei rapporti tra Stati Uniti e Pakistan: pessimi all’epoca dei fatti. E tali da rendere impossibile qualsiasi tipo di collaborazione. Figurarsi nella cattura ed uccisione del leader di Al Qaeda.
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