Lettera a Mario, che ha deciso di morire

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Mario carissimo, questa mia non vuole una risposta. Non solo da te ma, da nessuno, da chiunque pensi di avere una risposta da dare. So che hai lottato, emotivamente e giuridicamente per ottenere un diritto che ritieni sacrosanto: porre fine in maniera dignitosa ad una vita che tu, e solo tu, non ritieni più sopportabile.

Di te, so pochissimo, ho letto che sei tetraplegico, che hai 44 anni (forse 45 che importa) che vivi ad Ancona e che hai ingaggiato una battaglia legale, assistito dall’associazione Luca Coscioni, contro la tua Asl di appartenenza, per ottenere un farmaco che ti dia la possibilità di lasciare questa vita – che non ritieni ormai più degna di essere vissuta.

So che questo ti è stato concesso, che hanno trovato la medicina che tu chiedevi e che adesso, forse, ti senti più libero di decidere. Uso il termine medicina e su questo vorrei dire di più.

Quando l’8 marzo 2020 una malattia mi costrinse a letto con il mondo che mi girava intorno 24 ore su 24, io stesso pensai: ma se questa condizione fosse permanente cosa farei? Non riuscivo a inquadrare la faccia dei miei figli, dovevo stare immobile. Non potevo vedere le partite di calcio di Matteo (mio figlio) nemmeno registrate, e Bruno, il maggiore dei due, si prese la responsabilità di dare coraggio a tutti.

Non potevo rispondere al telefono, non potevo guardare un film. Solo pensare, pensare, tutto il giorno e anche di notte.

Dopo un anno e mezzo, in questa condizione, cominciai a maturare – chiaramente – l’idea che una vita così non avrebbe avuto senso, almeno per me. Adesso sto bene ma, ci sono casi in cui, e il bravo medico lo sa bene, che le conoscenze della scienza medica e le terapie non portano alla guarigione.

Mario, ho parlato di me, finora, e ti chiedo scusa. Non posso nemmeno immaginare il dolore che ti ha portato a fare la scelta che hai fatto. Non ti conosco, fratello, non so niente di te ma, so del dolore che rende la fatica di ogni respiro insopportabile, perché ho vissuto abbastanza e sono arrivato alla conclusione che davanti alla sofferenza di un essere umano bisogna fermarsi.

Perciò dico, nessuno giudichi la scelta di Mario. Credenti, cristiani, cattolici, atei, politici. Tacciano. Solo il silenzio sia.

Mario carissimo, non ti ho mai incontrato di persona, come non ho conosciuto Fernando Pessoa, Cioran e Dostoevskij, che vuol dire, mi è arrivato il tuo dolore e l’ho percepito. Sappi Mario che, qualunque sarà la tua scelta, la rispetterò e che reciterò – per te – la mia preghiera ogni volta che mi tornerai in mente: “Sia fatta la tua volontà”.

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Gennaro Giacobbe

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