Dopo la tragica notizia del ritrovamento del corpo senza vita d Giulia Cecchettin, la sorella Elena aveva scritto una semplice frase sui social: “I love you”. Purtroppo Giulia è solo l’ultima vittima di una lista troppo lunga di donne uccise, molto spesso da ex gelosi che non accettano la fine della relazione.
Elena però è fermamente convinta che questa spirale debba essere spezzata e per questo motivo ha scritto una lettera al Corriere della Sera, augurandosi che vengano prese contromisure adeguate affinché la morte della sorella non sia stata vana.
Riferendosi a Turetta che è in stato di arresto in Germania e che dovrebbe essere estradato presto in Italia, la ragazza ha detto: “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità.
E invece la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”.
Poi si è rivolta agli uomini: “Viene spesso detto non tutti gli uomini. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista”.
Infine il suo ultimo appello è per le istituzioni: “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno”, per poi chiudere con una frase dell’attivista peruviana Cristina Torre Caceres: “Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.
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