Pubblicato il 23 Ottobre 2021
Illustrata al Palazzo centrale la prossima edizione dei seminari dedicati a Giambattista Scidà “Territorio, migrazioni, ambiente e mafie”
«Le università e le scuole hanno un compito importante, quello di educare alla legalità, perché educare significa prevenire. Il magistrato Antonino Caponnetto diceva che “La mafia teme la scuola più della giustizia, perché l’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa”, quanto di più vero. E in questo contesto i seminari organizzati dall’ateneo dedicati a Giambattista Scidà, dal titolo “Territorio, migrazioni, ambiente e mafie”, rappresentano un’occasione per sviluppare quel senso di legalità che significa promuovere la partecipazione attiva e costruttiva nella propria comunità di appartenenza».
Con queste parole il rettore Francesco Priolo ha aperto ieri i lavori, nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università di Catania, di presentazione del volume “Mafie, antimafie e cittadinanza attiva” curato da Rossana Barcellona, Antonio Fisichella e Simona Laudani e della nona edizione dei seminari incentrati per l’anno accademico 2021-2022 sul tema “Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva”.
«L’Università di Catania è impegnata in questo campo e non a caso ha sottoscritto un importante protocollo d’intesa con la Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo e con l’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati sui beni confiscati e sull’analisi del fenomeno criminoso, ma collabora con enti e istituzioni per combattere la devianza giovanile ed evitare così la dispersione scolastica.
A Catania si registra un tasso di dispersione scolastica del 23% con i giovani dei quartieri periferici nuova manovalanza della mafia – ha aggiunto il rettore alla presenza della prof.ssa Marina Paino, direttrice del Dipartimento di Scienze umanistiche -. Dobbiamo educare i nostri giovani a costruire un futuro migliore, consolidare una nuova coscienza finalizzata alla lotta alla microcriminalità e alla mafia perché la mafia opprime il territorio e il suo sviluppo socio-economico. Un compito che Giovanni Falcone ha tramandato a tutti con la sua frase “gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”».
Sulla stessa linea il prof. Antonio Pioletti, tra i “padri fondatori” dei seminari, che nel suo intervento ha sottolineato la «necessità di formare cittadini coscienti del mondo che richiede una formazione trasversale». «Alla mafia sono stati inferti colpi importanti, sono stati sconfitti i “capi” storici, ma non le mafie finanziarie o quelle che intaccano la sanità e il sistema imprenditoriale del nord Italia» ha aggiunto alla presenza del docente di Storia contemporanea Salvatore Adorno.
Per il magistrato Sebastiano Ardita «occorre ripartire dalle questioni che Giambattista Scidà aveva evidenziato negli anni ’80 per trovare alcune risposte alla Catania di oggi: la necessità di solidarietà e cittadinanza attiva nei quartieri degradati catanesi e una gestione errata del potere da parte della classe dirigente ai danni della collettività stessa che ha impedito lo sviluppo ordinato della città e della società stessa». «Scidà per Catania e per la giustizia, soprattutto per il Tribunale dei Minori, rappresenta una figura storica – ha aggiunto -. Ricordare con i seminari e con questo volume il suo impegno nel campo sociale e per la promozione della cittadinanza attiva rappresenta un messaggio importante per la città. Lo studio di Catania, della sua criminalità e delle sue disattenzioni sociali nelle periferie necessitano di un approccio complessivo e trasversale. Le periferie, purtroppo, sono l’emblema di un modo sbagliato di impostare i rapporti sociali, un fallimento certificato».
Un tema che sarà al centro della prossima edizione dei seminari intitolati “Dall’analisi del fenomeno mafioso alla cittadinanza attiva”. Seminari che negli anni scorsi hanno raggiunto una media di 200 (con punte anche di 270) presenze tra studenti universitari e degli istituti superiori, semplice cittadini ed esperti del settore.
«Ogni anno delineiamo la mappa della mafia catanese in tutte le sue veste, dai crimini ai rapporti con politica, istituzioni e sistema imprenditoriale – ha spiegato il prof. Antonio Fisichella, curatore del volume e tutor dei seminari che si terranno nei mesi di febbraio e marzo -. Quest’anno apriremo con l’intervento del dott. Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni della città etnea, che nei mesi scorsi ha posto l’accento sui livelli altissimi di criminalità minorile a Catania. Ma tratteremo, insieme con i docenti dell’ateneo e di diverse scuole e ai rappresentanti delle associazioni coinvolte, anche il rapporto tra camorra e mafia, la criminalità nel mezzogiorno e la politica criminogena nelle nostre periferie che pagano l’assenza di servizi, di scuole e di politiche sbagliate.
A Catania il tasso di devianza minorile è ben superiore a Napoli e a Palermo. Dati che fanno riflettere».
Sul libro, invece, si è soffermata la prof.ssa Rossana Barcellona, curatrice del volume insieme a Antonio Fisichella e Simona Laudani.
«Il volume “Mafie, antimafia e cittadinanza attiva” raccoglie alcune relazioni scelte fra quelle presentate ai seminari-laboratori dell’Università di Catania, rappresenta il portato di un’esperienza che fin dall’inizio ha privilegiato l’apertura alla città, agli insegnanti, alle associazioni della società civile impegnate nel territorio – spiega -. Racconta una scommessa in larga parte vinta: lo dimostra la grande partecipazione di studentesse e studenti, la risposta positiva del mondo della scuola, la significativa presenza di cittadini. I seminari si sono affermati come un’esperienza di qualità per i temi posti e per l’apporto conoscitivo che relatori di primo piano hanno saputo offrire. Rappresentano una risposta pregnante e positiva ad una domanda diffusa di analisi e di conoscenza su un fenomeno complesso come quella delle mafie. Ne è nata una riflessione collettiva che tiene insieme rigore scientifico e tensione civile. Nel volume sono stratificati saperi, analisi e ricerche che prendono forma in diversi contributi di magistrati, giornalisti, studiosi e rappresentanti del mondo delle istituzioni e del volontariato ogni anno confermato dall’ampia e crescente partecipazione».
Nella foto d’apertura: da sinistra i docenti Rossana Barcellona, Marina Paino, Francesco Priolo e Antonio Pioletti