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Mafia, 33 anni dall’omicidio di Libero Grassi: “No alle targhe, ancora troppe le connivenze”

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In un’intervista rilasciata all’Adnkronos, Davide Grassi, figlio di Libero Grassi, l’imprenditore palermitano ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991, ha spiegato il perché.

Oggi a Palermo si terranno una serie di eventi commemorativi in occasione del 33esimo anniversario dell’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi. Le commemorazioni dell’imprenditore tessile che si oppose alla mafia rifiutando di pagare il ‘pizzo’ si apriranno a Palermo, in via Alfieri alle 7,30 nel luogo e all’ora in cui fu ucciso e in cui ogni anno la famiglia Grassi affigge il manifesto che mette sotto accusa l’isolamento e la solitudine che precedettero l’omicidio.

Prenderanno parte anche gli operai che con i loro datori di lavoro e il supporto di Addiopizzo “hanno liberato le loro imprese edili dal fenomeno estorsivo, trovando la forza e il coraggio di denunciare”.

Le dichiarazioni di Davide Grassi

“In questi 33 anni non abbiamo mai voluto una targa commemorativa per mio padre e preferiamo rimettere ogni anno, il 29 agosto, il manifesto di carta con la stessa scritta, perché altrimenti rischierebbe di diventare una ricorrenza formale e basta d è quello che vorremmo evitare”, dice all’Adnkronos Davide Grassi, il figlio di Libero Grassi.

L’omicidio 33 anni fa

L’imprenditore palermitano fu ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991 in via Alfieri, sotto la sua abitazione perché Grassi si rifiutava – e lo diceva pubblicamente – di pagare il ‘pizzo’. Da 33 anni i figli di Libero Grassi, Alice e Davide, ogni 29 agosto incollano sulla parete un manifesto scritto a mano su cui si legge: “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia, dall’omertà dell’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.

“Mi sembra un modo per coinvolgere ancora di più chi ci crede ancora”, dice Davide Grassi. Ogni anno viene spruzzata anche dai familiari di Libero Grassi della vernice rossa per indicare il sangue versato dal padre. “Mio padre venne abbandonato principalmente dagli imprenditori, a questo punto si può dire per connivenza – spiega – purtroppo questa connivenza, anche se non unanime come prima, esiste ancora. Basti leggere i giornali e le inchieste più recenti”. Il giorno dei funerali Davide Grassi fece il segno della vittoria mentre teneva la bara del padre. Una foto diventata un simbolo. “Non era nelle mie intenzioni – dice ancora all’Adnkronos – volevo solo dire che mio padre nonostante fosse stato ucciso aveva vinto rispetto alle minacce ricevute da Cosa nostra e rispetto al pagamento del pizzo. Non ha mai abbassato la testa”.

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Redazione Nazionale

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