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In foto: Marco Cestaro, il 17enne trovato agonizzante nei pressi dei binari della stazione di Lancenigo

Marco Cestaro assassinato o suicida?

Ci era riuscita Anna Cattarin a non far chiudere come suicidio il caso di suo figlio Marco Cestaro, morto il 16 gennaio 2017. A causa dell’emergenza coronavirus, che ha bloccato tutto, bisognerà aspettare l’11 marzo 2021 perché il giudice decida se considerarlo o meno omicidio.

Pubblicato il 6 Giugno 2020

Ad un passo dalla verità, il rinvio a causa del coronavirus condanna mamma Anna ad un altro anno di attesa

Ci era riuscita Anna Cattarin a non far chiudere come suicidio il caso di suo figlio Marco Cestaro, morto il 16 gennaio 2017. A causa dell’emergenza coronavirus, che ha bloccato tutto, bisognerà aspettare l’11 marzo 2021 perché il giudice decida se considerarlo o meno omicidio.

Perdere un figlio è sicuramente la tragedia peggiore che possa capitare ad un essere umano. Se al dolore si aggiunge anche la sensazione che la morte non sia stata desiderata ma provocata, ed anche molto sofferta, la sopravvivenza diventa davvero insopportabile. “Io mi sveglio la mattina solo perché ho altri figli a cui badare” confida mamma Anna che ormai non può permettersi più il “lusso” di piangere a causa di un problema all’occhio sinistro, già sottoposto a diversi interventi.

La madre di Marco vive da oltre 3 anni col dubbio che il figlio possa essere stato torturato e, in seguito, ucciso. Della sua storia se ne sono occupati tutti i giornali e le trasmissioni televisive: “E’ solo grazie a voi giornalisti se sono riuscita a non far chiudere il caso come suicidio. Voi indagate, approfondite e cercate la verità tanto quanto la desiderio”, spiega Anna che ci tiene anche a ringraziare gli avvocati che hanno deciso di occuparsi del suo caso grazie proprio all’intermediazione di un giornalista. Sono gli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile, quest’ultimo appena eletto presidente di Penelope Italia, associazione nata dalla volontà e dall’impegno di famiglie che hanno sperimentato lo smarrimento e la solitudine derivante dall’esperienza di vedere un proprio congiunto inghiottito dal nulla.

(Anna Cattarin intervistata da Katiuscia Laneri)

Marco era, tranquillo e sereno, nonostante la recente perdita del papà – Racconta con novizia di dettagli Anna Cattarin senza mai stancarsi di farlo –. Aveva anche insistito tanto per avere un cane. Lui e il suo cucciolo erano diventati inseparabili. Tranne quella maledetta mattina in cui uscì di casa scomparendo nel nulla per essere poi ritrovato in fin di vita nei pressi della ferrovia di Lancenigo”.

Sarà il personale viaggiante di un convoglio in transito a scorgere il corpo agonizzante di Marco lungo la tratta Treviso-Udine e a dare l’allarme alla polizia ferroviaria, alle 18,30. Quando intervengono i soccorritori del Suem, il ragazzo respira ancora anche se le sue condizioni appaiono da subito disperate. Il 17enne, ricoverato al Ca’ Foncello di Treviso, combatte per tre giorni tra la vita e la morte, ma le ferite riportate, in particolare i traumi cranici che hanno causato una emorragia cerebrale e una ischemia, sono troppo gravi e il suo cuore si arrende il 16 gennaio.

Alla tesi del suicidio, che agli inquirenti era comunque apparsa da subito la più probabile tra le ipotesi per spiegare l’incidente, non ha mai creduto la famiglia di Marco, già segnata dal dolore per il suicidio del papà del ragazzo avvenuto solo qualche mese prima in circostanze del tutto simili. Secondo Anna e i suoi consulenti, infatti, Marco sarebbe stato picchiato e ridotto in fin di vita, in altro luogo, per essere poi abbandonato accanto ai binari. Le gambe e le dita del ragazzo sembrano essere state rotte non dal passaggio di un treno ma da qualcuno. La stessa persona, o persone, che gli ha spento le sigarette sul petto per poi colpirlo con una lama al collo. Quindi, solo alla fine sarebbe stato spostato dove fu rinvenuto. Tali ipotesi non hanno convinto il sostituto procuratore Anna Andreatta, che intanto aveva richiesto l’archiviazione del caso considerandolo il risultato di un gesto disperato e tragico compiuto dal ragazzo stesso.

Per la perizia: Torturato e ucciso

“Marco non voleva morire!” continua ad affermare la famiglia. “Il colpo mortale è stato inflitto con un mezzo tagliente seghettato sul lato destro del collo – spiega Anna Cattarin -. La causa della morte è da ascriversi a grave choc emorragico con perdita di tre litri di sangue in politrauma. Marco era stato barbaramente torturato da almeno tre individui, uno dei quali gli aveva fratturato tre dita della mano sinistra, provocato lesioni alle piante dei piedi e spento sigarette sul petto e sul braccio destro. Un soggetto mancino gli aveva tagliato la gola con un mezzo tagliente seghettato e un altro gli aveva spezzato le gambe, verosimilmente con una accetta, e inflitto un colpo sulla coscia sinistra. Quantomeno un altro teppista l’aveva trattenuto”.

Una dinamica agghiacciante per una morte che non ha nulla a che vedere con il suicidio. Si parla di sevizie, torture, di colpi fortissimi con un’accetta e di più persone coinvolte. Qualcuno dunque, ha sequestrato Marco, l’ha barbaramente torturato e poi finito con un colpo alla gola, lasciandolo agonizzante sui binari, presumibilmente lontano da dove l’aggressione ha avuto luogo. Sul tratto dove Marco è stato trovato in posizione prona, con le braccia lungo i fianchi, non erano presenti significative tracce di sangue.

Una circostanza incompatibile con quanto ricostruito dalla perizia di parte, secondo la quale la ferita alla gola avrebbe cagionato l’emorragia che poi si è rivelata fatale. Emorragia, quindi perdita copiosa di sangue, di cui non è stata trovata traccia. Si parla di circa tre litri di sangue.

Ma perché accanirsi in questo modo sul giovane? C’è un’ombra che aleggia sulla vicenda: quella del satanismo. Il giorno prima della scomparsa, Marco andò dalla sua insegnante più cara, la professoressa Marika, facendole una domanda ben precisa. A dichiararlo è stata la stessa insegnante ospite della trasmissione Chi l’ha visto?: “Mi ha chiesto cosa ne so io sul satanismo. La domanda mi ha lasciata perplessa, perché, insomma, è una curiosità strana. Ho risposto che non so un granché, ma che mi sarei informata e che potevamo parlarne eventualmente il giorno dopo, il 13 gennaio appunto”. Secondo la professoressa Marco in quel momento sembrava spaventato e preoccupato così ha voluto sapere il motivo della domanda “E lui, candidamente, mi ha detto: ‘Penso di essere stato coinvolto in un rito satanico durante un rave’“. L’insegnante di Marco in trasmissione ha poi continuato: “Mi parlava di questa musica che sembrava ritmata in modo tale da richiamare la figura di Satana. Anche lì, una cosa un po’ particolare, si è riferito proprio a Satana non usando altri termini. Penso avesse paura più di una persona reale, di un gruppo di persone reali, che frequentavano ambienti satanici”

Chi era Marco Cestaro?

Chi conosceva Marco afferma che non era un ragazzo paranoico, le sue paure avevano sempre qualcosa di fondato. Aveva 17 anni, secondo genito di quattro figli, viveva con la sua famiglia a Fontane, in provincia di Treviso. Studiava all’istituto alberghiero di Lancenigo per diventare chef. La sua è una famiglia profondamente religiosa ed anche Marco era solito tenere un crocifisso accanto al letto. Ha una fidanzata e ha da poco adottato un cagnolino.

Il giorno precedente alla sua scomparsa, a casa di Marco giunse un plico contenente sostanze sintetiche ordinato via internet che Anna sequestrò. Il ragazzo, che aveva fatto solo da prestanome, iniziò a disperarsi perché temeva la reazione degli “amici” ai quali avrebbe dovuto consegnare le buste. Ma a chi erano destinate quelle ordinazioni? Certo è che, quando pose la domanda su Satana alla sua professoressa, il giovane aveva già letto alcune frasi comparse in una chat di gruppo di cui faceva parte.

Dieci giorni dopo la morte di Marco, la mamma riattiva la sua scheda telefonica e scopre che il figlio era iscritto alla chat dal nome strano “250”, di cui fanno parte anche alcuni tra amici e compagni di scuola. Molte conversazioni risultano cancellate, ma non tutte. Come quella del 7 gennaio, tra due amici in cui uno dice “Aspetta ma devo farlo io?” e l’altro risponde “La morte”. Poi il primo riprende “Quindi io”; “Noi” la risposta. Ancora il primo interlocutore: “Due insieme va bene El Nazareno”. Il 12 gennaio, all’1:57, invece un altro ragazzo scrive: “E poi vorrei essere l’addetto alla crocifissione di Gesù”. Sette ore dopo Marco Cestaro ha lezione con l’insegnante alla quale pone la strana domanda. Si tratta soltanto di un messaggio in codice o forse questi ragazzi si riferiscono a qualcuno o qualcosa? E se quella crocifissione fosse riferita a Marco?

Anna, ha notato un’altra cosa strana: Nel momento in cui ha riattivato la scheda del figlio (25 gennaio) ha visto che tutte le chat sul gruppo “256” si erano interrotte proprio nel periodo compreso tra il 12 e il 18 gennaio, così come in molti avevano abbandonato.