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Migranti, il tribunale di Roma boccia il trasferimento in Albania: “Devono tornare in Italia”

Pubblicato il 18 Ottobre 2024

Una barzelletta. Di quelle, però, che non fanno ridere. Tutt’altro, perché di mezzo c’è la disperazione e la dignità di esseri umani. Il nuovo capitolo della gestione dei migranti Italia/Albania la dice lunga su una situazione sempre più controversa.

Insomma, le cose stanno così: non è stato convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader.

Lo ha deciso la sezione immigrazione del tribunale di Roma.

Nel centro allestito sul territorio albanese dopo l’accordo tra Italia e Albania firmato a Roma il 6 novembre scorso dai premier Giorgia Meloni e Edi Rama, i 12 richiedenti asilo, quindi, adesso non possono rimanere nelle strutture ma non possono nemmeno essere lasciati liberi in territorio albanese. 

“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia europea”, si legge nel pronunciamento dei giudici.

Secondo i magistrati lo stato di libertà potrà essere riacquistato soltanto al loro rientro in Italia. 

L’ordinanza del tribunale di Roma, analoga ad altre già adottate dai giudici di diverse città italiane, pone in serio dubbio il fondamento dell’intero piano albanese, per il quale il governo ha previsto una spesa in cinque anni di oltre 600 milioni. 

A battere tutti sul tempo, per quanto riguarda le reazioni politiche, è stata la Lega. 

“I giudici pro immigrati si candidino alle elezioni ma sappiano che non ci faremo intimidire”, si legge nella nota ufficiale del partito di Salvini.

“La sinistra giudiziaria aiuta quella parlamentare”, dichiara Fratelli d’Italia sul suo profilo ufficiale di X.  

“L’accordo con l’Albania è illegale. Al governo dico: tornate indietro e fermatevi. Avete già buttato quasi 1 miliardo di euro, soldi dei cittadini che potevano essere utilizzati per la sanità pubblica. Qui si configura un danno erariale”, attacca la segretaria del Pd Elly Schlein.