Milano, resa dei conti fra ultrà. Le intercettazioni choc: “Vado a San Siro e gli taglio la testa davanti a tutti”

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“Vado a San Siro e gli taglio la testa davanti a tutti. Lo sequestriamo, lo anestetizziamo, lo portiamo all’orto e lo sotterriamo. Prendo l’ergastolo, non succede niente…”.

Così Nazzareno Calajò.

Il padrone criminale della Barona si esprimeva con quelle parole alla fine di marzo dello scorso anno. E’ furibondo. neanche i suoi riescono a calmarlo.

Le cimici non captano il motivo della discussione ma l’obiettivo è chiaro: Vittorio Boiocchi, il capo ultrà interista che verrà ucciso sette mesi dopo in un agguato a Figino, ricostruisce il Corriere.

Calajò è il nome più temuto in tutta la zona Sud di Milano.

“In Barona non si muove niente senza Nazzareno”, racconta una sua ex “cavallina” poi diventata collaboratrice di giustizia e che oggi vive sotto protezione.

Calajò, 53 anni, è stato fermato dagli investigatori insieme con il figlio Andrea di 28 anni. Con loro è finito in manette anche il cugino Luca Calajò, 40 anni, arrestato nel maxi blitz congiunto dei carabinieri di Corsico, del Ros e della penitenziaria. 

Trenta arresti che hanno colpito sette gruppi di traffico di droga: dalla Barona a Rozzano, fino a Gratosoglio, Bruzzano, Comasina e Quarto Oggiaro.

Un’indagine iniziata nel 2019 da un giro di spaccio all’interno del carcere di Opera, quando Luca Calajò era recluso.

La droga veniva portata nel penitenziario dai parenti dei detenuti. I Calajò hanno contatti pesanti, anche con il clan Barbaro-Papalia di Buccinasco e Corsico. Ma soprattutto sono i padroni assoluti della Barona dove tra via De Pretis, via Ovada, via don Primo Mazzolari, controllano militarmente il territorio. E investono i proventi della droga nelle attività commerciali. 

Tra i filoni emersi nell’indagine coordinata dai pm della Dda Gianluca Prisco e Francesco De Tommasi, diretti da Alessandra Dolci, c’è quello di un presunto riciclaggio attraverso un imprenditore noto nel mondo della ristorazione milanese, Alessandro Mastromatteo, ora indagato. Ma nelle carte dell’indagine emergono anche i rapporti con il mondo ultrà. Non solo nerazzurro.

Perché a maggio 2022 “nell’ambito della contesa tra Luca Lucci e Giancarlo Lombardi per impossessarsi della gestione della curva del Milan” Nazzareno Calajò “manifesta l’intenzione di uccidere Lombardi” e “Daniele Cataldo, braccio destro di Luca Lucci” (attuale capo ultrà).

Ne parla con il nipote: “Adesso bisogna vedere la sua reazione”, dice a proposito di un misterioso precedente scontro. “Noi non abbiamo mai mangiato un euro dalla curva… mo’ pigliarci a cuore una cosa che non ci interessa…”, dice il nipote. 

I due discutono dell’opportunità di entrare nella questione. Poi però la linea è interventista. “Io ti dico la verità, se qualcuno deve prendere una cannonata da ‘sto Cataldo, io vado a sparare prima a Giancarlo (Lombardi) e poi a Cataldo”.

Il nipote si offre di agire: “Dammi l’indirizzo e faccio io. Mi metto il casco integrale e le lo faccio a Cataldo. Moto rubata e gli sparo in faccia”. 

Una vicenda che richiama da molto vicino la dinamica dell’agguato ad Enzo Anghinelli, dell’aprile 2019 in via Cadore. E non a caso i Calajò parlano proprio di “Enzino”: “Ma quale galera, quello che ha sparato, quello che ha ammazzato Enzino (in realtà solo ferito) manco sanno chi è, che faccia c’hanno, manco sanno”.

In realtà il piano non si compie, o almeno non risulta ci siano mai stati agguati ai due capi ultrà rossoneri. Quanto alla morte di Boiocchi dalle indagini non risultano collegamenti diretti tra i Calajò e il delitto: anche perché Boiocchi è molto temuto “Il problema è che questo è un cornuto, se gli arriva all’orecchio qualcosa è uno pure d’azione. Vittorio c’ha gli scagnozzi, gli Hammer (gruppo neonazista)”.

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Redazione Nazionale

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