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I ministri israeliani provocano e gettano benzina sul fuoco: “Far morire i profughi di fame è giusto”

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Israele in questi ultimi giorni sta intensificando gli attacchi contro Hamas e uno dei più violenti è quello che ha colpito la scuola di Al Tabeen a Gaza, dove sarebbero stati uccisi 31 terroristi ma anche 100 vittime civili. Anche a livello comunicativo Israele sta diventando sempre più aggressiva e i vari ministri si sono lasciati andare a dichiarazioni provocatorie e incendiarie.

Il ministro delle Finanze di Israele Bezalel Smotrich, 44 anni, ha detto: “Nessuno ci permetterà di far morire di fame 2 milioni di civili, anche se potrebbe essere giustificato e morale, finché non ci saranno restituiti i nostri ostaggi”. Non sono da meno il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, 48 anni, e il ministro delle Periferie Yitzhak Wasserlauf, 33 anni, che il 13 agosto con un gruppo di fanatici religiosi sono saliti a pregare provocatoriamente sulla Spianata delle moschee a Gerusalemme, luogo sacro per palestinesi e musulmani.

Una pace sempre più complessa

L’atteggiamento di Israele non favorisce certo il processo di pace, già estremamente complesso. Dall’inizio delle ostilità sarebbero morti circa 40.000 palestinesi, molti dei quali civili e di cui 15.000 sono bambini. Sarebbero invece 1.200 i cittadini israeliani uccisi da Hamas, senza dimenticare i 120 ostaggi israeliani.

Proprio gli ostaggi erano la chiave che Hamas intendeva usare per arrivare ad un accordo favorevole, ma le Idf non sono volute scendere a compromessi. Israele sta cercando di decapitare l’organizzazione di Hamas e ha ucciso il leader Ismail Haniyeh in un raid e poi anche il comandante militare. Il movimento islamico però già si sta riorganizzando e il nuovo capo politico è diventato il 61enne Yahya Sinwar.

A complicare ulteriormente le cose la notizia secondo la quale cinque riservisti dell’esercito israeliano, che avrebbero commesso abusi e atti di sodomia su un membro di Hamas, sarebbero stati rilasciati dopo 10 giorni agli arresti domiciliari. Del resto si raccontano diverse storie di detenuti palestinesi torturati e tenuti in condizioni igieniche disumane, incatenati, bendati e con dei pannolini.

Il ruolo dell’Iran

Sono passati oltre 10 mesi dal massacro di civili israeliani per mano di Hamas in un rave party e da allora la politica di Benjamin Netanyahu si è rivelata fallimentare. Dopo l’omicidio del capo politico di Hamas è sceso in campo anche l’Iran, che ha minacciato Israele tenendola sotto scacco. Al momento Teheran non ha ancora sparato, ma i cittadini israeliani vivono sotto la minaccia costante di un attacco iraniano con missili e droni.

Le Idf, un tempo, avrebbero fatto il primo passo per colpire e neutralizzare il nemico, ma adesso la situazione è diversa. Netanyahu sa bene che, senza il supporto e l’autorizzazione degli Stati Uniti, rischia di essere vulnerabile. E gli Stati Uniti non vogliono assolutamente un’escalation della guerra e anche per questo motivo gli occhi del mondo intero saranno puntati verso gli States in occasione delle presidenziali.

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Redazione Nazionale

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