Neanche la tragica morte di Satnam Singh ha fermato la produzione presso l’Agrilovato, l’azienda presso la quale l’uomo lavorava assieme alla moglie ed a altre decine di disperati. Un’azienda che, come riporta la collega Monica Forlivesi de Il Messaggero, è sotto indagine per caporalato, indagini avviate cinque anni fa.
Renzo Lovato, titolare dell’azienda, nei giorni scorsi ha cercato di commentare quanto accaduto al povero Satnam: «Gliel’aveva detto mio figlio di non avvicinarsi a quel macchinario, ma lui ha fatto di testa sua, una leggerezza, una leggerezza che è costata cara a tutti. Dispiace, un ragazzo morto sul lavoro, non dovrebbe succedere mai». Dal 2019, Lovato è sotto indagine per caporalato.
L’indagine, conclusasi un anno fa, ha visto i carabinieri del comando di Latina notificare l’avviso di chiusura delle indagini a Lovato e ad altri quindici imprenditori agricoli delle zone di Sabaudia, San Felice Circeo e Terracina. Nelle carte dell’inchiesta si sottolineano condizioni di lavoro disumane: lavoratori costretti a vivere in baracche fatiscenti, peri quali devono pagare anche 100 euro al mese, lavorare per ore senza pause e senza accesso ai servizi di base.
I lavoratori erano soggetti a turni massacranti con stipendi irrisori, spesso costretti a lavorare dall’alba al tramonto. Le indagini hanno rivelato che le condizioni di sfruttamento violavano le normative e i diritti dei lavoratori, con una media di 48 ore settimanali su sei giorni, senza straordinari, malattie o riposi.
Nonostante il quadro desolante, non sono state disposte misure cautelari dal giudice. Tuttavia, 16 persone, tra cui Renzo Lovato, sono indagate e la decisione sul loro eventuale rinvio a giudizio è attesa per luglio. Gli imprenditori sono accusati di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, inosservanza delle norme di sicurezza, inottemperanza agli obblighi di formazione e vigilanza.
L’operazione “Jamuna”, condotta dal Nucleo investigativo e dall’Ispettorato del lavoro di Latina sotto la direzione della Procura pontina, ha documentato lo sfruttamento del lavoro nelle campagne, con un sistema radicato che ha coinvolto sei società e decine di lavoratori. Secondo le accuse, Renzo Lovato e altri imprenditori si avvalevano dell’intermediazione di due cittadini del Bangladesh per l’assunzione di manodopera a condizioni di sfruttamento.
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