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Morte Sargonia Dankha, l’omicidio si risolve dopo 30 anni: ergastolo per Salvatore Aldobrandi, ma resta il mistero del corpo scomparso

Pubblicato il 16 Dicembre 2024

Risolto un “cold case” che risale a circa 30 anni fa: Salvatore Aldobrandi è stato condannato all’ergastolo per l’uccisione dell’ex fidanzata Sargonia Sankha, ragazza all’epoca dei fatti 21enne e di origini irachene, ma naturalizzata svedese. Il 13 novembre del 1995 la ragazza sparì a Linkoping, in Svezia, e il suo corpo non venne più ritrovato. Aldobrandi, pizzaiolo oggi 75enne, originario di San Sosti (Cosenza) ma residente da anni a Sanremo, era accusato di omicidio volontario aggravato da motivi abbietti. Oltre all’ergastolo è stato condannato a pagare una provvisionale di 300.000 euro a favore della madre della ragazza, 100.000 euro per il fratello e 14.000 euro per le spese legali di parte civile.

Il caso di Sargonia Dankha

Benché ci siano sempre stati forti sospetti su Aldobrandi, in Svezia non è possibile emettere condanne di omicidio se non viene ritrovato il cadere, quindi l’uomo fu rilasciato nel 1996. Il colpo di scena nel 2023, quando in Italia furono ritrovate delle tracce di sangue di Sargonia nell’auto di Aldobrandi, che nel 1995 gestiva un ristorante in Svezia.

La pm Maria Paola Marrali, durante l’arringa di venerdì 13 dicembre a Imperia, ha citato un caso analogo, quello di Roberta Ragusa, con il marito Antonio Logli arrestato e condannato benché non sia mai stato ritrovato il corpo. “Non è morta accidentalmente – ha precisato la Marrali – altrimenti avremmo trovato il corpo, e allora è sicuramente una morte omicidiaria”.

Fabrizio Cravero, avvocato di Aldobrandi, aveva invece chiesto l’assunzione “delle prove richieste”, cioè l’audizione di altri testi, quindi l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” e infine “l’esclusione della recidiva, l’insussistenza dell’aggravante contestata e la concessione delle attenuanti”. Dopo la condanna di Aldobrandi il suo avvocato ha comunicato che ricorrerà in Appello dopo aver conosciuto le motivazioni.

Come ha spiegato l’avvocato Francesco Rubino, avvocato della famiglia della vittima, c’è grande gioia tra i familiari di Sargonia. La famiglia subito dopo il processo è tornata in Svezia e, benché questa sentenza non restituirà ai familiari Sargonia, quanto meno ha messo un punto a una vicenda durante 30 anni.