Morte di un intellettuale eretico, di un poeta visceralmente critico e politicamente lucido, di un regista innovatore, di un narratore audace, romanziere neorealista.
Vita di un uomo in cui passione e ideologia sono stati linfa ispiratrice e prassi quotidiana. Cattolico e comunista, omosessuale e antiborghese. Educatamente irriverente e pacatamente provocatorio.
Massacrato di botte, investito più volte dalla sua stessa AlfA Romeo 2000 GT, il corpo esanime di Pier Paolo Paolini è ritrovato all’idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975 alle 6:30 del mattino.
Il diciassettenne Pino Pelosi, dopo un interrogatorio lacunoso e incerto, viene arrestato e condannato per omicidio volontario in concorso con ignoti. Complotto politico? Omicidio a sfondo sessuale? Rapina con ricatto per la scomparsa di copie del film Salò e le 120 giornate di Sodoma? Ucciso dai poteri militari e mafiosi perché intellettuale scomodo?
Nel 2005, Pelosi dichiara che quel 2 novembre di trent’anni prima, a compiere l’omicidio furono uomini a bordo di un’auto targata Catania. Ennesimo mistero italiano.
«È una storia un po’ complicata / è una storia sbagliata» canta De Andrè, è la storia di uno dei pochi, veri poeti del ‘900, «E poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe esser sacro» (Alberto Moravia all’orazione funebre).
La poesia di Pasolini attraverso un procedimento articolato e progressivo si dipana tra ascendenze tradizionali e intrecci sperimentali.
L’esordio poetico, sulla linea letteraria italiana tardo-ottocentesca, si compie secondo la lezione di Pascoli e D’Annunzio, poi, sperimentando una compresenza simultanea e ossimorica di tematiche e stili, i versi superano gli usurati schemi tradizionali per acquisire una valenza innovativa e inedita.
La poesia diventa cinema con Accattone e il sottoproletariato romano, in Mamma Roma nella memorabile interpretazione di Anna Magnani, nei dialoghi surreali di Ninetto Davoli e Totò in Uccellacci Uccellini, nello sguardo tragico di Maria Callas in Medea, nella favola triste cantata da Domenico Modugno in Che cosa sono le nuvole.
Non solo. Pasolini, in forte dissenso con la sinistra italiana, diviene profeta del consumismo massificato, dell’omologazione conseguenza della civiltà dei consumi, di un nuovo fascismo che inesorabilmente e ferocemente distrugge un’Italia bisognosa oggi più che mai della sua poesia dissacratoria.
Ci avrebbe parlato del dopo e lo avrebbe fatto con lucidità e chiarezza. Sono passati 45 anni da quella notte tra il primo e il due novembre del 1975, quando Pier Paolo Pasolini venne assassinato e con la sua morte perdemmo definitivamente l’ultima possibilità di capire chi eravamo, chi siamo, chi saremo.
Articolo realizzato con il contributo di Violante.
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