Pubblicato il 24 Aprile 2023
Una storia che arriva da Latina e che riguarda una coppia e la morte di uno dei due a causa del covid, per la quale l’Inail si è vista richiedere dal giovane “marito” (i due avevano “contratto” unione civile circa un anno fa) una rendita vitalizia per la perdita subita.
A fare la richiesta Saverio, 38 anni, originario di Treviso ma residente a Latina che si è rivolto all’Associazione Giustitalia dopo aver perso il proprio “partner” con il quale, come detto, era legato da regolare unione civile trascritta agli atti dello Stato civile. A morire, , nel marzo del 2021 a causa del covid è Alberto, parrucchiere 42 enne originario di Chieti ma residente a Latina. La malattia è stata “contratta” all’interno del proprio esercizio commerciale da una cliente risultata positiva, come risultato dopo un’attenta istruttoria tramite il “tracciamento” dei contatti.
L’Associazione Giustitalia (www.associazionegiustitalia.it), che si occupa tra le altre cose di infortuni sul lavoro, ha inoltrato una richiesta indennitaria/risarcitoria per conto del “vedovo”. L’Associazione evidenzia che: “La circolare n. 22 del 20 maggio 2020, ad integrazione e precisazione delle prime indicazioni fornite con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020, ribadisce che l’Inail, ai sensi dell’art. 42, c. 2 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.27, fornisce tutela infortunistica ai lavoratori che hanno contratto l’infezione SARS-Cov-2 in occasione di lavoro, secondo il consolidato principio giuridico che equipara la causa virulenta alla causa violenta propria dell’infortunio.
L’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria – sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa – con la conseguente astensione dal lavoro.
Gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti a carico della gestione assicurativa, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese.
Con la circolare vengono inoltre meglio precisati i criteri e la metodologia su cui l’Istituto si basa per ammettere a tutela i casi di contagio da nuovo coronavirus avvenuti in occasione di lavoro e vengono altresì chiarite le condizioni per l’eventuale l’avvio dell’azione di regresso, precisando a tal fine che in assenza di una comprovata violazione delle misure di contenimento del rischio di contagio indicate dai provvedimenti governativi e regionali, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.
Nella circolare, infine, viene chiarito che il riconoscimento dell’origine professionale del contagio non ha alcuna correlazione con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro nel contagio medesimo, che è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del d.l. 16 maggio 2020, n.33″.
Per quanto concerne la fattispecie in esame, l’Inail ha statuito che le prestazioni economiche erogate dall’Ente ed in precedenza riservate solo al “coniuge” superstite devono essere estese anche alla persona dello stesso sesso unito civilmente con il lavoratore deceduto a causa di infortunio sul lavoro.
Una settimana fa è stata riconosciuta all’uomo rimasto ‘vedovo’ una soluzione indennitaria, con rendita perpetua, di circa 1800,00 euro mensili.
“Si tratta – sostiene l’Associazione Giustitalia – di un importante riconoscimento a favore dei diritti del lavoratore omosessuale e della “famiglia” di qualunque natura sia la stessa”.