“I neomelodici veicolano messaggi negativi”: la Cassazione nega il loro ascolto a killer della Camorra

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La richiesta era stata presentata da Antonio Luongo, 44 anni, accusato di tre omicidi. Per la Suprema corte i testi dei brani “veicolano messaggi di violenza ed esaltano l’adesione a stili di vita criminali”.

Da Niko Pandetta, nipote del boss catanese Turi Cappello, fino a Pino Franzese e Tony Colombo, sono molti i cantanti neomelodici finiti nel mirino delle indagini Antimafia.

Canzoni nelle quali si irridono le forze dell’ordine, così come nella hit di Pandetta col ritornello “maresciallo non ci prendi, pistole nella Fendi”, e si inneggia alla malavita, alla mafia e alla camorra. 

E questo è il motivo per il quale la corte di Cassazione ha deciso di vietare a un detenuto al 41bis nel carcere di Opera a Milano di ascoltare musica neomelodica in cella. racconta il Corriere.

La richiesta era stata avanzata un anno fa al Tribunale di sorveglianza dal killer di Pozzuoli, in provincia di Napoli, legato al clan camorristico dei Lombardo nella faida contro i Beneduce. Detto Tonino ‘o Pazz, Luongo è recluso dal 2008 per associazione mafiosa ed è accusato degli omicidi di Gennaro Perillo, detto Carrichiello, Michele Iacuaniello e Gennaro Di Bonito. 

Inizialmente il detenuto al 41bis, era stato autorizzato dal Tribunale di sorveglianza di Milano ad “acquistare e detenere, all’interno della camera di pernottamento, compact disc di musica neomelodica e relativi lettori digitali”. Ma il provvedimento era stato stoppato dai giudici dopo il reclamo da parte del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Perché “L’ascolto di tale genere musicale, che per sua natura racconta di contesti malavitosi e di contrapposizione anche aperta ai poteri dello Stato, si pone in contrasto con il trattamento e la rieducazione previsti dall’ordinamento penitenziario”. 

Il legale di Tonino ‘o Pazz aveva così presentato ricorso in Cassazione per chiedere che venisse concessa al detenuto la possibilità di ascoltare la musica preferita anche sulla base dell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. 

I giudici della Suprema corte però non la pensano così e hanno confermato lo stop “nonostante l’ascolto di musica per mezzo dei cd rientri tra i piccoli gesti di normalità quotidiana ascritti dalla Corte costituzionale ai legittimi ambiti di libertà residua del soggetto detenuto”. 

Per i giudici “l’autorizzazione all’acquisto del lettore e dei cd musicali, da parte della direzione d’istituto, deve pienamente salvaguardare eventuali esigenze di sicurezza correlate al rischio, non peregrino, che tali strumenti possano essere oggetto di manipolazione, a fine di introduzione in istituto di contenuti illeciti; di qui la necessità di assoggettarli a previe adeguate verifiche, come avviene, del resto, per i cd di tipo ammesso e per i relativi supporti”.

Tuttavia, come scrivono gli ermellini nella sentenza, “assegnando opportuno rilievo al contenuto dei testi contenuti nei cd l’amministrazione penitenziaria ha rilevato che alcuni brani musicali del genere neomelodico veicolano messaggi di violenza ed esaltano l’adesione a stili di vita criminali sicché il loro ascolto si presenta del tutto incompatibile con il trattamento penitenziario che, tendendo alla risocializzazione del condannato, promuove valori e modelli di comportamento diametralmente diversi”. 

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Redazione Nazionale

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