Il ‘politicamente corretto’ è arrivato persino al linguaggio usato dai programmatori informatici, sulla spinta delle proteste di questo periodo soprattutto negli Usa. Linus Torvalds, l’ideatore di Linux, ha approvato una sorta di linea guida in cui si suggerisce di non usare più termini come ‘master/slave’ o ‘blacklist/whitelist’ nello scrivere i programmi o le relazioni.
I nuovi termini, spiega il sito ZdNet, dovrebbero essere usati nei codici sorgenti. Al posto di ‘master’ e ‘slave’, letteralmente ‘padrone e schiavo’, che designa di solito un hardware principale e uno che dipende da questo, sono proposte una serie di alternative, da ‘primary/secondary’ a ‘leader/follower’. Invece di blacklist/whitelist sono proposte alternative come denylist/allowlist o blocklist/passlist. Prima di Linux molte altre aziende informatiche e progetti di programmatori hanno deciso di eliminare i riferimenti che possono far pensare al razzismo, compresi Google e Microsoft.
La spinta sempre più forte verso il ‘politically correct’ ha investito recentemente anche il Mit, che ha messo offline un grandissimo database usato per ‘addestrare’ le intelligenze artificiali proprio perché conteneva parole razziste e misogine.
Ansa
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