Pubblicato il 10 Giugno 2020
Noi denunceremo: una grande aula, nella procura di Bergamo, i rappresentanti del Comitato, l’avvocato Consuelo Locati (che a sua volta ha perso il padre) e il presidente Luca Fusco hanno dato luogo al “Denuncia day’. Saranno in seguito sentiti dai pm, come persone informate sui fatti in merito alla mancata istituzione della zona rossa dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, il premier Conte, il ministro della Salute Speranza e il ministro degli Interni Lamorgese.
Le invettive pubblicate sulla pagina Facebook del movimento spontaneo, nato nei giorni di picco della pandemia, si sono tradotte in richieste alla magistratura. Queste le parole dell’avvocato: “Ho già consegnato in Procura un file contenente tutte le 50 denunce, ma è importante che tutte le persone coinvolte entrino a portare questo foglio di carta. E’ giusto che lo facciano in prima persona, per evitare la spersonalizzazione della denuncia depositata da un avvocato. Serve anche a sottolineare come la magistratura abbia un’investitura non solo giuridica, ma anche morale nel prendersi carico di queste denunce”. Il presidente del Comitato, Luca Fusco, commercialista che piange suo padre, si è espresso in questo modo: “Il senso dell’iniziativa è quello di cercare la verità su quello che è accaduto in Lombardia e non solo per poter identificare i responsabili e avere giustizia“.
In questa prospettiva, secondo Fusco “ci sono precise responsabilità politiche. La prima è quella di non aver chiuso la Valseriana quando doveva essere chiusa, cioè il 23 febbraio, lasciano trascorrere quindici ‘criminali’ giorni, fino all’8 marzo, quando la Regione Lombardia è diventata zona arancione. Per quindici giorni noi bergamaschi abbiamo viaggiato, lavorato, bevuto il caffè, fatto gli aperitivi e, a quel punto, il virus ha circolato senza problemi. Sono anche convinto che se ci fosse stata la chiusura tempestiva della zona rossa nella provincia di Bergamo, forse non avremmo dovuto chiudere tutta la Lombardia. E probabilmente avremmo evitato il lockdown italiano”
“Si possono ipotizzare mancanze politiche e gestionali – ragiona Fusco – non esiste che un medico normale in un giorno solo debba prendere in carico tre pazienti in terapia intensiva. Normalmente, per ogni letto, ce ne vorrebbero cinque, se vuoi lavorare bene e in tranquillità. Se ne arrivano trenta, la colpa è del medico o di chi gli fa arrivare trenta pazienti?”. (fonte: Agi, Televideo)