In pochi giorni, ha già raccolto 35mila firme la petizione online lanciata su Change.org da Nishchay Agarwal per chiedere di “fermare la schiavitù degli indiani nell’Agro Pontino”, assicurando “le giuste e legali condizioni di lavoro a chi è sfruttato in Italia”. All’origine dell’idea di lanciare una petizione, spiega Agarwal, vi è stata la lettura delle notizie divulgate dalla stampa relativamente allo “sfruttamento della popolazione indiana, specialmente Sihks”, in questa zona del Lazio.
“‘Lavoravo 12-13 ore al giorno, domenica inclusa, senza vacanze o riposo”, scrive il promotore della campagna riportando le parole di un lavoratore. “Il proprietario dell’azienda agricola lo pagava tra i 100 e i 150 euro al mese, ha detto, che sono meno di 50 centesimi all’ora. Il salario minimo legale è intorno ai 10 euro orari”, prosegue. Sottolineando che “le condizioni di lavoro sono inumane e [i lavoratori] sono trattati come schiavi. Se si oppongono, vengono minacciati di morte.”
“Sorprendentemente”, prosegue il testo, “questa regione produce la Mozzarella che è venduta a 15€ al kg e la mafia dell’agricoltura guadagna enormi profitti dal lavoro duro di queste persone. Il rapporto speciale dell’ONU sulle forme di schiavitù contemporanea ha stimato che nel 2018 più di 400.000 lavoratori del settore agricolo in Italia erano a rischio sfruttamento e quasi 100.000 si trovavano in “condizioni inumane”. Mentre si ricorda anche che “il mese scorso, un ragazzo di 27 anni del Mali è collassato e morto nel sud est della Puglia dopo un giorno di lavoro nei campi con temperature al di sopra dei 40°.”
Nella petizione viene richiamata anche la legge anti-caporalato, approvata dal Parlamento nel 2016: “nel 2016, anno in cui un datore di Singh è stato perseguito, è stata approvata una legge anti-caporalato. Ma i sindacati dicono che ci sono ancora troppi pochi controlli e ispettori del lavoro per far rispettare la legge in maniera appropriata”.
“Molti indiani indifesi sono sfruttati nei paesi stranieri e nessuno denuncia questo fatto”, conclude Agarwal. “Chi lo fa è costretto a nascondersi. Ci sono troppe vite a rischio. Firmate questa petizione per assicurare le giuste e legali condizioni di lavoro a chi è sfruttato in Italia”.
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