La vittima stava per laurearsi in medicina.
Lo ha deciso la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria che ha, di fatto, condiviso la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Messina e poi annullata con rinvio, lo scorso luglio, dalla Cassazione “limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche”.
La decisione era dovuta al fatto che, secondo la Suprema Corte, i giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto che l’omicida sarebbe stato “stressato” a causa del Covid.
Tesi che era stata condivisa dalla Procura generale di Reggio Calabria che, nella requisitoria del sostituto pg Domenico Galletta, aveva chiesto di ridurre la condanna a 24 anni di carcere.
Il riconoscimento delle attenuanti generiche, però, non ha convinto la Corte d’Assise d’Appello presieduta da Angelina Bandiera (a latere il giudice Caterina Asciutto) che ha così confermato l’ergastolo per Antonio De Pace difeso dagli avvocati Salvatore Staiano, Bruno Ganino e Marta Staiano.
Nel corso delle arringhe difensive, lo scorso 17 ottobre, i legali dell’imputato avevano auspicato una “pena proporzionata” e, condividendo le indicazioni della Cassazione, avevano sostenuto che si è trattato di un delitto che “non può essere considerato di genere” perché è stato “un omicidio apparentemente senza causale se non quello dello stato di angoscia” che De Pace non è riuscito a controllare, tentando, tra l’altro, due volte il suicidio.
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