Cronaca

Padova, neonato seviziato in ospedale dal papà: “Peggiorava giorno dopo giorno”. E spunta un’ipotesi inquietante

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Orrore e sdegno: questi i sentimenti scatenati dall’agghiacciante storia di Padova, dove un papà 22enne di Camisano Vicentino (Vicenza) avrebbe seviziato suo figlio, di appena 5 mesi, ricoverato in ospedale. Il piccolo era stato portato al pronto soccorso con gravi problematiche respiratorie e all’apparato digerente, ma i medici non si capacitavano del perché non migliorasse, ma anzi peggiorasse giorno dopo giorno.

Come riferito da PadovaOggi, il piccolo inizialmente era stato portato al San Bortolo di Vicenza dal padre 22enne, ora indagato, e dalla madre 20enne che sarebbe estranea ai fatti e che ha già un figlio di 3 anni. Dopo 10 giorni il piccolo non migliorava, così è stato trasferito all’unità neonatale di Padova. Anche lì però le condizioni del piccolo non miglioravano e così i medici hanno iniziato ad avere dei sospetti.

Così il papà seviziava il neonato

Giuseppe Dal Ben, direttore generale dell’Ospedale di Padova, ha parlato di una situazione “inimmaginabile” e ha deciso di avvisare la Procura, collaborando con la polizia per scoprire cosa stesse succedendo. Sono così state nascoste delle microcamere nella stanza del bimbo ed è stata fatta la scioccante scoperta: il padre nell’orario di visita, approfittando del fatto che non ci fossero medici o infermieri, avrebbe sottoposto il piccolo ad orribili torture, infilandogli le dita nel cavo orale e premendogli sul torace, fino a provocare gravi lesioni.

Ma perché questa orribile violenza su un bambino di 5 mesi, sangue del proprio sangue? L’ipotesi degli inquirenti è agghiacciante: il 22enne non voleva uccidere il figlio, ma provocargli lesioni permanenti così da poter ottenere sussidi pubblici.

Il piccolo al momento è ancora ricoverato nella terapia intensiva neonatale dell’Ospedale di Padova e le cure stanno proseguendo. Dal Ben si è augurato che il bimbo possa recuperare, anche se ha annunciato che il processo di guarigione sarà ancora lungo.

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Francesco Ferrara

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