Si continua a indagare sulla morte di Satnam Singh, il bracciante indiano 31enne morto in condizioni tragiche dopo che una macchina avvolgiplastica gli ha tranciato di netto il braccio, provocandogli ferite anche alle gambe. In particolare si sta cercando di ricostruire cosa è successo dopo l’incidente, poiché le versioni di Antonello Lovato, l’imprenditore che ha lasciato per strada il 31enne, e la moglie dell’uomo non coincidono.
Renzo Lovato, padre di Antonello, ha spiegato che il figlio ha detto più volte a Singh di non avvicinarsi al macchinario, una leggerezza che è costata cara a tutti. Non una parola sul fatto che il figlio, indagato per omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle disposizioni in materia di lavoro irregolare, avrebbe scaricato il 31enne vicino casa senza neanche chiamare i soccorsi.
Antonello Lovato ha raccontato invece che è stata Alisha, la moglie di Singh, a chiedere esplicitamente di tornare a casa. “La moglie urlava ‘casa, casa’ e io li ho accompagnati a casa” – ha detto l’imprenditore che, secondo la sua versione, dopo che marito e moglie sono scesi dal furgone, a Borgo Santa Maria, e dopo che un uomo ha chiamato l’ambulanza, sarebbe andato in Questura a raccontare tutto.
Ben diversa è la versione di Alisha, presente sul furgone, la quale ha raccontato a Repubblica di aver implorato più volte il padrone di portarli in ospedale, ma invano. I due sono stati scaricati vicino casa, con il braccio del povero Satnam nella cassetta della frutta. Dal suo racconto sembra che Lovato abbia anche impedito agli altri braccianti di chiamare i soccorsi perché, come lui ha spiegato, era poco lucido.
E così dal momento dell’incidente fino all’intervento dei primi soccorsi sono passate circa due ore, un lasso di tempo in cui Satnam ha perso molto sangue e durante il quale poteva forse essere salvato. E così mentre il 31enne perdeva sangue, Lovato era impegnato a pulire il sangue dal furgoncino anziché soccorrere il suo operaio agonizzante.
Uno dei braccianti, pur non essendo contrattualizzato e non avendo un permesso di soggiorno, ha deciso di farsi avanti e testimoniare: “Lo devo a Satnam e a sua moglie” – ha detto. La Flai Cgil sta chiedendo permessi di soggiorno per motivi di giustizia e ha promesso battaglia contro il caporalato che sfrutta i lavoratori disperati offrendo paghe misere. Sembra che Sitnam, insieme agli altri braccianti, percepisse 4-5 euro all’ora.
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