Pubblicato il 18 Agosto 2021
Si può morire per un nonnulla. E’ accaduto ad Antonio Carbone, maresciallo dei Carabinieri di 56 anni in servizio in Piemonte. Stava trascorrendo in spiaggia, a Paola, le vacanze estive. Alcuni bagnanti poco educati avevano gettato in mare alcune cicche di sigaretta. Il maresciallo calabrese ha detto loro di dimostrare maggior senso civico. E’ qui che la maleducazione si trasforma in tracotanza. E’ qui che la parola incomincia a uccidere. La risposta non ha proporzione, se si pensa alle educate espressioni di Carbone: questi è stato investito da una serie di invettive, insulti, parole umilianti. E’ stato colpito da una sequela di frasi che denotano violenza verbale, se non psicologica.
Ecco quanto è stato rivolto a un uomo sensibile: il maresciallo si è sentito mancare ed è caduto al suolo. E’ morto per un infarto improvviso, nonostante i tentativi di rianimarlo. Vincenzo Carbone, il fratello, scrive sui social: “Voleva soltanto difendere il mare di Paola dall’ignoranza violenta e barbara di un clan di bagnanti calabresi che invece lo stava distruggendo. Un gesto da poco, un gesto banale, chiedere con gentilezza di non buttare rifiuti in mare.
Ma l’ignoranza violenta e la protervia minacciosa hanno avuto la meglio. Alla fine di un violentissimo assalto verbale da parte del clan, a cui lui non ha potuto opporre alcuna resistenza, il suo cuore non ha retto. Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria. E’ morto un carabiniere nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano, si chiamava Antonio Carbone, mio fratello“.