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Paolo Castorina, un medico appassionato della Sanità pubblica

Pubblicato il 23 Agosto 2020

Un medico appassionato della Sanità pubblica. Una passione che ha spinto il medico Paolo Castorina, 64 anni, catanese, a sposare la medicina, anzi gli ambiti della Rianimazione e della Tossicologia. Una propensione per l’essere umano, visto come persona e non come organo da curare, affinata specializzandosi nell’intervento con il 118 e con l’elisoccorso.

Dirigente medico dell’Azienda Sanitaria Provinciale 3 – Servizio per le Tossicodipendenze (SerT) Distretto di Catania e dal 2018 responsabile U. O. S. (Unità Operativa Semplice) Sert CT1 e CT3 – Castorina rievoca con entusiasmo il suo percorso dalla scuola alla facoltà di Medicina. Gli acronimi e le sigle non possono dire molto della passione e delle competenze. Tuttavia, le parole hanno la capacità di ricostruire un percorso professionale con i toni caldi di chi, e lo si avverte, è coinvolto. Soprattutto quando è in gioco la vita dei pazienti.

Paolo Castorina

Gli inizi

«Da liceale, negli anni Settanta, frequentai un corso di primo soccorso organizzato dalla Croce Rossa. Quest’esperienza ha condizionato in senso positivo, e inizialmente inconsapevole, le mie scelte future. Mi ha aperto un mondo: quello di chi sta male e che, in modo immediato e improcrastinabile, ha bisogno di un intervento medico. Un elemento decisivo è quello relativo alla gestione dell’ansia e alla capacità di mantenersi lucidi, pur senza perdere empatia e sensibilità», ricorda Castorina in una pausa dal suo turno periodico come medico rianimatore per l’elisoccorso. Un turno presso l’ospedale Cannizzaro di Catania. Un’attività che non ha smesso di praticare, dal 1991, due-tre volte al mese, pur avendo iniziato, dal ’94, a svolgere un’azione quotidiana ambulatoriale nei Sert.

Intuire i bisogni di un corpo inerte

«Le mie esperienze di volontariato sono state decisive per rendermi consapevole degli interventi necessari nel campo del pronto soccorso. Il mio primo interesse, una volta iniziati gli studi, era stato per medicina interna ma, poi, un po’ le possibilità maggiori, come spazi professionali, e un po’ le circostanze mi hanno portato a considerare il settore della rianimazione. Sono diventato dirigente medico di Anestesia e Rianimazione, dalla fine degli anni Ottanta al ‘94, e ho provato che cosa significa intervenire su una persona quando non può comunicare, quando è un corpo inerte che va interpretato per intuirne i bisogni e tentare di riportarlo alla vita», spiega con emozione il medico.

Guardare alla persona nella sua totalità

Là dove molti vedono un organo, un pezzo di corpo malato, Paolo Castorina vede una persona nella sua interezza, psichica e fisica. Castorina, medico per vocazione, ha anche approfondito tematiche psicologiche, oltre a specializzarsi in Cardiologia, Tossicologia medica e Anestesia e Rianimazione. Sono lontani i tempi della laurea, nel 1983, 110 e lode all’Università di Catania, ma il dirigente medico sembra essere rimasto fedele alle sue passioni di ragazzo.

La centralità della sanità pubblica

«Non ho mai perso di vista le ragioni che mi hanno spinto a fare le mie scelte. Ogni paziente, nella sua globalità e specificità, è un essere umano che va ascoltato con attenzione. E la sanità pubblica è sempre stata la mia stella polare. Non mi sono mai sentito attratto per l’ambito privato e sono stato sempre convinto della necessità di valorizzare la centralità del Servizio sanitario nazionale». Il suo è il racconto di chi difende il ruolo costituzionale del medico come soggetto che promuove l’interesse collettivo e il bene primario della salute. «Non ho avuto figli ma, anno dopo anno, ho a mia volta formato tanti giovani medici e volontari, nei corsi e nelle attività volontarie, penso ai giovani delle Misericordie e delle associazioni di volontariato, e professionali. Tutte esperienze che mi hanno arricchito interiormente», aggiunge Castorina.

Una sfida con la morte: il soccorso e la rianimazione

«È una sensazione impagabile. Un’emozione che riscatta lo stress correlato all’attività. Quando, dopo una rianimazione cardiopolmonare, perché il paziente è in arresto, teoricamente già deceduto, cuore, pressione sanguigna e respiro ripartono, la sensazione è impossibile da trasmettere. Unica. Una sfida con la morte. E io ne conto, con orgoglio, qualche decina», ricorda il medico. Sono momenti unici: l’intervento di pronto soccorso può salvare una vita, lì, in quel frangente, prima d’arrivare in ospedale. Attimi decisivi. Molte volte i parenti di chi sta male credono che si debba arrivare in fretta e furia in clinica ma è lì che, in strada o nelle abitazioni, nel giro di pochi secondi e minuti, medici come Castorina si giocano spesso il tutto per tutto, nel tentativo di riportare alla vita prima che il paziente possa subire danni cerebrali. Viene in mente il film di Martin Scorsese dal titolo Al di là della vita.

Di recente, Castorina, con la sua squadra di soccorso («l’intesa in team è fondamentale»), ha salvato una donna di 39 anni. Un sesto senso è stato decisivo: la signora sembrava essersi ripresa ma qualcosa non convinceva il medico. Ha continuato a rimanere lì, a parlare con il marito della donna, e in pochi secondi, all’improvviso, si è trovato a soccorrerla per un infarto, nella sua casa. Un intervento immediato che ha consentito di far ripartire il cuore, dopo l’arresto cardiaco e alcuni momenti drammatici. L’intervento tempestivo ha scongiurato danni cerebrali alla paziente, che adesso sta bene. «Quando si ottengono questi risultati, ti senti fortunato a fare questo lavoro», ribadisce il medico, il quale ci tiene a esprimere la sua «ammirazione e il mio plauso per gli autisti-soccorritori, pressoché tutti, che sempre collaborano fisicamente e in modo prezioso con le manovre di BLS (Basic Life Support, sostegno di base alle funzioni vitali), pur non essendo dei “sanitari” in senso stretto, anche se lo sono diventati sul campo. Tanti di loro sono giovani, bravissimi e appassionati».

L’impegno con i tossicodipendenti

«Il lavoro ambulatoriale, come responsabile del Sert, è il mio impegno quotidiano. Negli anni ho imparato ad ascoltare i pazienti, sia quelli che possono guarire, sia quelli che vanno curati per limitare i danni e le loro sofferenze, e sono diventato più tollerante, più attento agli altri. Lo scambio con loro è costante. Alcuni colleghi si lamentano delle difficoltà e di certe reazioni dei tossicodipendenti, ma che in realtà sono ampiamente prevedibili, perché parte integrante della loro malattia. Sensibilità, ascolto, cura della persona risultano componenti indispensabili della mia professione».

Il rapporto con le istituzioni

Un’attività professionale che assomiglia molto a una vocazione, per Paolo Castorina. Ma qual è il suo rapporto con la struttura burocratica e le istituzioni? «Un rapporto altalenante, complesso, complicato, con le regole politiche e burocratiche mi sembra normale. In generale, io rispetto i protocolli ma cerco di non farmi travolgere da essi o di farmi condizionare troppo nel mio lavoro di medico. Oggi si vive nel terrore di essere denunciati, come medici, ma d’altronde anche svolgendo attività di volontariato, a supporto di un’ambulanza ad esempio, sono soggetto a possibili denunce, se commetto un errore. Il coraggio della scelta fa parte della professione del medico».

I tagli e l’assenza di una regia unica nelle politiche sanitarie

Il confronto con le politiche sanitarie regionali e nazionali, per un medico come Paolo Castorina, non può che partire da una critica ai tagli e all’eccessiva burocratizzazione: «Le risorse che non bastano mai, a scapito dei pazienti, o la mancanza a Catania, ad esempio, di un medico rianimatore all’interno delle autombulanze del 118, mentre a Palermo è prevista questa presenza e a Trapani esiste l’automedica con assistente  rianimatore: sono tanti gli inghippi ai quali noi medici del Servizio sanitario nazionale andiamo incontro. In sintesi, direi che manca una regia unica a livello nazionale e regionale che consenta un approccio completo e uniforme per affrontare al meglio le esigenze sanitarie».

Covid-19, il modello meridionale

In anni di protocolli d’intesa tra la Regione Sicilia e la Regione Lombardia, per l’avvio di un nuovo sistema di emergenza-urgenza siciliana, siglato nel 2018 e ancora in costruzione, e di arrivi di Guido Bertolaso nell’Isola, come consulente per gestire la terza fase dell’emergenza Covid-19, Castorina, più che il “modello lombardo”, rivendica un modello meridionale di «attenzione a tutti i pazienti senza discriminazioni per età. Dai gruppi Facebook con i colleghi lombardi e del Nord, ho capito che sono stati commessi degli errori nelle linee guida, per combattere l’epidemia da Coronavirus, anche in relazione ai pazienti anziani. Noi, per fortuna, abbiamo avuto un fenomeno più tardivo e più gestibile, nel Sud e in Sicilia, ma quest’esperienza dimostra ancora di più quanto sia necessario ridare centralità al paziente, con il suo vissuto, e riorganizzare con una regia unica le politiche sanitarie in Italia. Io faccio questo lavoro da molti anni, sia come medico, sia come docente e formatore, e non ho perso la voglia di lottare per migliorare la realtà di chi mi sta di fronte, di chi mi racconta le sue sofferenze», tiene a precisare Castorina.

Paolo Castorina

La cura appassionata di un medico

Sono trascorsi quasi quarant’anni dalla sua laurea, ma il lavoro di chi intende curare gli altri, in linea con il giuramento di Ippocrate, lo appassiona ancora. Una cura tecnica e umana, coniugando competenza e sensibilità, protesa a cogliere l’individualità del paziente. «L’adesione convinta alla Sanità pubblica, da potenziare, il coraggio della scelta, la passione nel fare il mio lavoro, l’attenzione a ogni paziente nella sua specificità psicologica, e non solo organica, sono le mie vere linee guida, giorno per giorno», sintetizza Castorina. Sarà faticoso ma ne vale la pena, sembra suggerire tra le pieghe dei suoi racconti.