Pubblicato il 15 Dicembre 2022
“Oltre a molte parole colte (così come metro, atomo, terapia, democrazia) abbiamo ereditato da loro anche termini volgari, da cacca a culo. E arrivano dall’antica Grecia diversi modi di dire odierni come fuori di testa, schiatta, culo rotto, fino al gesto del dito medio”.
E’ quel che si evince dai risultati dell’ultima ricerca, prossima alla pubblicazione, dello studioso di linguistica specializzato nel turpiloquio Vito Tartamella.
“Quando gli antichi greci dovevano insultare qualcuno non erano secondi a nessuno, quanto a fantasia e disprezzo: locusta, montone, zotico, mangia merda e vecchia mummia sono solo un assaggio del loro ventaglio di insulti, che, ho scoperto, contiene 1.300 espressioni: una stima per eccesso, ma rende l’idea del loro arsenale di espressioni triviali”, afferma Tartamella che renderà a brevissimo pubblica la ricerca sul sito parolacce.org
Gli antichi greci, osserva Tartamella, “per mandare qualcuno a quel paese utilizzavano espressioni macabre, da buttati nel baratro a che il tuo cadavere sia mangiato dai corvi. Senza contare gli insulti riservati alle classi basse, agli incolti, agli stranieri, alle prostitute e agli omosessuali passivi”.
“Ricostruire le parolacce di una civiltà antica non è semplice. I documenti sono pochi. La storia ci ha tramandato soprattutto la letteratura alta: i copisti del passato hanno privilegiato trattati di filosofia, tragedie, poesie rispetto alle opere popolari”.
“Tra le fonti di rilievo, ci sono le commedie attiche del V e IV secolo a.C., che facevano spesso uso di oscenità e umorismo crudo. In questo campo, il sovrano indiscusso indiscusso è il comico ateniese Aristofane (450-385 a.C.), il Checco Zalone dell’epoca: undici delle sue opere teatrali sono sopravvissute”, riferisce Tartamella.