E’ quel che si evince dai risultati dell’ultima ricerca, prossima alla pubblicazione, dello studioso di linguistica specializzato nel turpiloquio Vito Tartamella.
“Quando gli antichi greci dovevano insultare qualcuno non erano secondi a nessuno, quanto a fantasia e disprezzo: locusta, montone, zotico, mangia merda e vecchia mummia sono solo un assaggio del loro ventaglio di insulti, che, ho scoperto, contiene 1.300 espressioni: una stima per eccesso, ma rende l’idea del loro arsenale di espressioni triviali”, afferma Tartamella che renderà a brevissimo pubblica la ricerca sul sito parolacce.org
Gli antichi greci, osserva Tartamella, “per mandare qualcuno a quel paese utilizzavano espressioni macabre, da buttati nel baratro a che il tuo cadavere sia mangiato dai corvi. Senza contare gli insulti riservati alle classi basse, agli incolti, agli stranieri, alle prostitute e agli omosessuali passivi”.
“Ricostruire le parolacce di una civiltà antica non è semplice. I documenti sono pochi. La storia ci ha tramandato soprattutto la letteratura alta: i copisti del passato hanno privilegiato trattati di filosofia, tragedie, poesie rispetto alle opere popolari”.
“Tra le fonti di rilievo, ci sono le commedie attiche del V e IV secolo a.C., che facevano spesso uso di oscenità e umorismo crudo. In questo campo, il sovrano indiscusso indiscusso è il comico ateniese Aristofane (450-385 a.C.), il Checco Zalone dell’epoca: undici delle sue opere teatrali sono sopravvissute”, riferisce Tartamella.
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