Da poche settimane è uscito nelle sale italiane l’attesissimo film di Paolo Sorrentino, “Parthenope”, che sta raccogliendo grandi consensi ma anche molte critiche. Del resto Sorrentino è un regista divisivo, quindi non sorprende che le sue opere siano spesso criticate o in grado comunque di suscitare un dibattito molto acceso.
Come riferito da Il Riformista, l’ultima opera di Sorrentino è stata accusata addirittura di blasfemia. È in rivolta il mondo cattolico napoletano, che tramite un comunicato del marchese Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, componente della Deputazione di San Gennaro, ha espresso le sue rimostranze per la rappresentazione dissacrante della figura di San Gennaro.
Sanfelice, ai microfoni dell’AGI, ha accusato Sorrentino di aver dato una visione troppo personale della religione e troppo distante dalla sensibilità comune, ignorando la profonda spiritualità che invece permea la città partenopea.
Sulla stessa falsa riga anche Stefania Martuscelli, ricercatrice del CNR e vicina alla Deputazione di San Gennaro, che provocatoriamente ha scritto una lettera aperta a Parthenope. “Ti scrivo a nome di Partenope – si legge nella lettera – ma non di quella di Paolo Sorrentino, bensì della Partenope millenaria e sempre giovane“. Ha poi aggiunto nella lettera che il simbolo di San Gennaro è stato profanato in un modo giudicato da lei offensivo per i credenti e per chi sente Napoli come parte di sé.
Ma qual è l’episodio così controverso che ha scatenato una tempesta di polemiche? Tutto ruota intorno al cardinale Tesorone, interpretato dall’attore Peppe Lanzetta, che chiede alla protagonista di scrivere un articolo sulla liquefazione del sangue di San Gennaro.
Tesorone appare come un poco di buono, un farabutto che fa promesse false senza mantenerle e che distrugge la spiritualità napoletana etichettandola come un’inutile macchinazione sospesa tra superstizione popolare e mondanità. Infine, chiederà a Parthenope di avere un rapporto sessuale, a dimostrazione della bassezza del suo personaggio.
Sulla questione è intervenuto il diretto interessato, Peppe Lanzetta, intervistato da Francesca Mirabelli a Cosenza in occasione del suo monologo su Pierpaolo Pasolini al Centro Letterario “Nucleo Kubla Khan”.
Lanzetta ha subito messo le carte in tavola, dichiarandosi ateo, ma ha poi aggiunto che la Chiesa dovrebbe occuparsi di faccende più serie di un film, come ad esempio fornire risposte alla famiglia Orlandi che da anni cerca la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. “Tutto il resto è pornografia, nel senso che alla Chiesa che si sente dileggiata non crede più nessuno” – ha osservato.
Lanzetta ha ricordato che lui vive in una città come Napoli, di santi e Madonne, impermeata di spiritualità, aggiungendo che la mamma si faceva tre comunioni al giorno. “La fede è un dono che ce l’hai o non ce l’hai” – ha detto – “io vorrei avere fede”. Si è detto dispiaciuto per questa polemica che lui ritiene sterile, per poi aggiungere con una punta di veleno: “Quello che hanno fatto i cardinali nel tempo lo sappiamo, un po’ di silenzio sarebbe più opportuno”.
Ha poi concluso confermando che tra i napoletani e San Gennaro c’è una legame strettissimo, dicendo però che bisogna accettare che un regista dissacri quello che agglomera un popolo, poiché anche questa è arte.
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