Pubblicato il 5 Settembre 2020
Le elezioni presidenziali 2020 si presentano diverse da tutte quelle che le hanno precedute e pongono gli amministratori davanti a nuove sfide. Molte persone credono sia rischioso per la salute l’andare a votare in persona con il SARS-CoV-2 che gira indisturbato, così il numero delle richiede per il voto via posta diventa stellare. In tutto ciò, Trump continua ad adombrare dubbi sul voto per corrispondenza e i russi sembrano giocare un ruolo nella disinformazione elettorale, mentre alcune le aziende americane cercano di incoraggiare i propri dipendenti all’esercizio del voto.
È dunque il North Carolina lo stato da cui sta partendo l’avventura delle elezioni presidenziali americane al tempo del Covid, una chiamata al voto che vedrà pesare in modo massiccio il ruolo delle ‘absentee ballots’, le schede di voto per corrispondenza una volta dedicate solo agli elettori fuori sede. Questo nuovo approccio sta ponendo il paese davanti a una sfida logistica non indifferente a cui, è già stato chiarito. non parteciperanno le ditte private che operano nel settore delle consegne a domicilio. La responsabilità per il viaggio, di andata e ritorno, di milioni di voti sarà esclusivamente a carico del servizio postale nazionale (USPS).
L’eccezionalità della situazione, la crescita esponenziale di richieste di voto via posta e l’evidenza di alcuni disservizi postali già registrati hanno però consigliato ad alcuni stati dell’unione di avviare il processo anticipatamente in modo da non mandare in blocco il sistema. Fra questi c’è appunto il North Carolina dove, nella prima ondata di iscrizioni al voto postale, ben 643.000 cittadini hanno richiesto la scheda. Questo numero, che è pari a 16 volte quello registrato nelle presidenziali del 2016, ha fatto scattare l’allarme e realizzare che la previsione di decine di milioni di persone votanti per posta era corretta. Da qui la decisione dell’anticipo di ogni operazione.
La stessa situazione però si sta creando anche in altre aree del Paese. Il Wisconsin, ad esempio, sembra abbia già ricevuto 100.000 richieste di voto postale in più rispetto al 2016. Ma anche in Florida si sta registrando un aumento, con 4,270,781 schede richieste rispetto ai 3,347,960 cittadini che hanno fatto domanda per votare via posta nel 2016.
Seguendo questa tendenza altri stati hanno deciso di seguire l’esempio del North Carolina. L’Alabama inizierà l’invio delle schede il 9 settembre, il Kentucky il 15 settembre mentre Minnesota, Pennsylvania e Wisconsin inizieranno a inviare le loro schede elettorali fra due settimane.
Nell’ambito di queste registrazioni al voto via posta si sta anche notando una certa differenza di approccio fra elettori democratici e quelli repubblicani. Sembra infatti che le richieste di invio delle schede giungano in netta maggioranza dagli elettori democratici o indipendenti piuttosto che dal fronte elettorale più conservatore.
Dai dati diffusi fino a questo momento si viene infatti a sapere che nel Maine il 60% di chi ha chiesto di votare per posta sia democratico e il 22% appartenga all’elettorato indipendente. In Pennsylvania invece pare che i democratici abbiano richiesto tre volte più schede rispetto ai repubblicani mentre in Florida i Dem si sono fatti avanti con il 47,5% di domande contro il 32% dei Rep.
Prendendo invece in considerazione il North Carolina; i democratici hanno fatto domanda per più di 337.000 schede, gli indipendenti 200.000 mentre i repubblicani si sono fermati a 103.000 schede elettorali richieste.
In questo stato sarà consentito chiedere il voto via posta fino al 27 ottobre, ma è palese che l’attendere fino a quella data per inoltrare la propria domanda potrebbe esporre il proprio voto al rischio di ritardo nella riconsegna presso l’ufficio elettorale locale, rendendolo dunque vano.
Ci sono stati americani però che si spingono anche più in là, come il Minnesota. Questo consente la richiesta di invio della scheda fino al giorno prima delle elezioni e accetta il voto anche se consegnato in ritardo purché abbia un timbro postale non successivo al giorno ufficiale delle elezioni (in questo caso il 3 novembre) . In un altro stato come il Montana viene pure concessa la richiesta di scheda elettorale fino all’ultimo giorno utile ma il voto non viene accettato che consegnato dopo l’Election Day. Gli stati che offrono la possibilità del voto last-minute ma poi hanno scadenze strette per la riconsegna sono 16 e in questi è probabile che si verifichino più casi di schede annullate per ritardo.
In altri 19 stati invece si consente il voto a ridosso della scadenza accordando però agli elettori tre giorni per ricevere la scheda e altri tre per riconsegnarla. Nell’eterogeneo panorama che caratterizza la macchina elettorale americana ci sono poi 9 stati, fra cui la California, che inviano in automatico le schede elettorali ai loro cittadini. Alcuni di questi territori non accettano poi una riconsegna post Election Day mentre altri concedono più tempo. Infine, ci sono 6 stati (Alaska, Iowa, Maryland, New Mexico, New York, Rhode Island) che hanno calibrato il loro sistema per poter inviare in tempo le schede ai richiedenti e riaverle comunque per tempo. Quattro di questi consentono anche la consegna del voto dopo 7 o 10 giorni dalla data delle elezioni.
Il servizio postale americano da parte sua ha dato come suggerimento a tutti quello di considerare una finestra di almeno 7 giorni per evitare ritardi nella ricezione dei voti.
Come riportato dal New York Times il 31 Agosto scorso, durante le elezioni di medio termine avvenute nel 2018 ben 114.000 schede non sono state contate a causa del ritardo nella consegna. In quell’occasione l’arrivo non tempestivo dei voti presso gli uffici preposti dallo spoglio è stato la ragione per un quarto dei voti annullati.
Questo aspetto, in ambito politico, preoccupa soprattutto il partito democratico che è stato quello più attivo nel consigliare il voto postale per abbassare il rischio di contagi Covid e incoraggiare più persone a partecipare.
Allo stato attuale delle cose emerge abbastanza chiaramente una polarizzazione sul metodo con cui si esprime il voto. I repubblicani sembrano voler seguire i consigli di Trump e votare in persona mentre i Dem si stanno orientando per il servizio postale.
In questo panorama è chiaro che ogni eventuale disservizio o ritardo nella consegna andrà a incidere sui numeri di Biden e il suo partito.
Tale differenza nell’approccio alla votazione potrebbe comportare dei problemi nell’interpretazione dei risultati durante l’Election Day. Il 3 novembre i repubblicani potrebbero risultare in testa durante una prima fase dello scrutinio, grazie al voto in persona, ma poi la situazione potrebbe ribaltarsi con lo spoglio di tutte le schede pervenute via posta via posta. Questo potrebbe anche condurre il presidente in carica a contestare un eventuale risultato per lui negativo accusando gli avversari di frode elettorale.
Non a caso Donald Trump sta insistendo sulla delegittimazione del voto per corrispondenza, arrivando a dichiarazioni controverse come quelle rilasciate qualche giorno fa nel North Carolina quando ha dato ai suoi elettori qualche consiglio pratico, che ai più è parso come un incoraggiamento a votare due volte, cioè sia via posta che in persona. Ma questo, ovviamente, è illegale. Così gli addetti stampa del presidente hanno dovuto intervenire affermando che Trump intendesse dire altro.
In questo quadro, già abbastanza complesso e sfidante, è arrivato un rapporto redatto dal Homeland Security americana che informa sul ruolo della Russia nel rilanciare le fake news riguardanti il voto via posta. Secondo questa nota rilasciata dell’intelligence i russi sembra vogliano portare il caos nelle elezioni americane, insinuando dubbi nei cittadini e influenzandone i comportamenti rispetto al voto. Nel bollettino, reso noto al pubblico da ABC News, si afferma infatti: “Riteniamo che probabilmente la Russia continuerà ad amplificare le critiche verso voto per corrispondenza e i cambiamenti nei processi elettorali avvenuti durante la pandemia COVID-19 per minare la fiducia del pubblico nel processo elettorale”.
Ma fra i tanti problemi pratici e comunicativi che costellano le presidenziali 2020 c’è anche qualche nota positiva, ovvero la disponibilità di centinaia di ditte americane a supportare i loro dipendenti, ed eventualmente anche altri cittadini, nell’esercizio del diritto di voto.
Una delle prime a muoversi in tal senso è stata la star televisiva e imprenditrice di successo Oprah Winfrey che settimane fa ha annunciato di voler concedere un giorno di ferie ai propri collaboratori, per dargli l’opportunità di recarsi a votare. Poi è arrivata Facebook con una maxi donazione volta al facilitare le operazioni di voto in diversi territori della federazione e a seguire si sono mosse molte altre realtà, che in vario modo hanno pensato di incoraggiare gli americani al voto. C’è chi ha deciso di pagare i mezzi di trasporto ai suoi dipendenti per farli andare ai seggi, chi come Oprah darà un giorno libero ai dipendenti, chi chiuderà i proprio ristoranti o negozi e chi come Old Navy, con 50.000 dipendenti e più di 1.000 negozi, ha deciso di collaborate con Civic Alliance e Power the Polls per reclutare 250.000 addetti ai seggi. Nell’ambito di tale obiettivo questa grande industria del settore moda ha deciso di far lavorare come scrutinatori i suoi stipendiati, per 8 ore e rigorosamente a sue spese.
Queste storie raccontano molto dell’America e di come essa sia capace di reagire davanti a situazioni di emergenza, cui anche le fondamenta della democrazia possono essere a rischio, come nel caso dell’epidemia di Covid il cui peso minaccia di far scricchiolare pure il sistema elettorale della federazione.
Fonte: NYT 31/08/2020, CBS, ABC, Reuters 03/09/2020, Associated Press, CNN, 04/09/2020