Si spacciavano per luminari del settore, ma in realtà non avevano alcun titolo né abilitazione per operare e così sono finiti nei guai due sedicenti medici nel beneventano.
I due fratelli prescrivevano trattamenti pseudosanitari per trattare patologie oncologiche, iniettando addirittura per endovena sostanze non ben specificate.
Queste sono le accuse mosse dalla Procura di Benevento, che ha aperto un’indagine per fare chiarezza sulla vicenda. Uno di loro è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio preterintenzionale, lesioni aggravate e truffa aggravata; all’altro è stato notificato l’obbligo di dimora per lesioni aggravate.
L’inchiesta è partita nel marzo del 2021 dopo la denuncia presentata dai fratelli di una donna, che sarebbe stata “curata” con le tecniche “miracolose” presentate da uno degli indagati.
Gli inquirenti hanno sequestrato il materiale in possesso dei due fratelli e hanno ascoltato diversi testimoni per raccogliere utili indizi.
Secondo l’accusa i due fratelli, approfittando dello stato di vulnerabilità dei pazienti, spingevano sulla necessità di sottoporsi a terapie sperimentali, convincendoli di avere gravi patologie benché fossero del tutto sani.
Nello specifico secondo il procuratore capo Aldo Policastro: “I due avrebbero agito in assenza di qualsiasivoglia titolo abilitante, non limitandosi a prescrivere medicinali e rimedi presentati come naturali, ma praticando sulle loro persone anche trattamenti pseudosanitari e pseudoterapeutici”.
I fratelli praticavano la loro attività nel beneventano ma la loro fama era andata ben oltre i confini cittadini, tant’è che giungevano persone da diverse zone geografiche.
Secondo gli inquirenti i due millantavano una collaborazione con un luminare ed esperto della medicina naturale in Germania.
Avrebbero praticato sui loro pazienti trattamenti per endovena e autotrasfusioni ematiche, iniettando sostanze non ben specificate.
Proprio in questo contesto sarebbe morta una donna di 54 anni, che in realtà non aveva alcun tipo di patologia e di conseguenza non necessitava di alcuna cura.
Secondo gli inquirenti l’attività dei due sarebbe continuata anche dopo il sequestro preventivo dell’appartamento adibito come studio.
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