Come prevedibile, ecco le prime misure e i divieti all’export di carni suine, prosciutti e salumi nostrani.
Il Canada ha aggiornato le condizioni di importazione per le carni suine e i prodotti a base di carne suina in arrivo dall’Italia: i carichi in viaggio o in dogana con data di certificazione anteriore all’8 gennaio dello scorso anni verranno sdoganati come d’uso, le spedizioni successive dovranno avere un’attestazione sanitaria integrativa.
In Giappone i carichi in transito e in dogana di prodotti di origine suina potranno venire sdoganati solo se gli alimenti siano stati confezionati entro il 13 dicembre dello scorso anno.
Il Brasile ha deciso di adottare misure differenziate per i vari prodotti in arrivo dall’Italia, distinguendo tre categorie:
1 – carni suine e prodotti a base di carne suina a breve stagionatura ( meno di 6 mesi), sdoganamento per i soli carichi in viaggio o in dogana con data di certificazione anteriore al 5 di questo mese. Rimangono invece ammesse le importazioni dall’Italia di
2 – prodotti cotti, “con trattamento termico di almeno 30 minuti a 70°C su tutta la carne o a trattamento termico superiore o equivalente in grado di inattivare il virus della PSA“, e di
3 – prodotti stagionati per un periodo minimo di 6 mesi.
Cuba, invece, prende una decisione drastica e chiude all’export di salumi italiani, oltre che di carne e altri prodotti a base di carne suina provenienti dall’Italia.
La regionalizzazione delle misure di restrizione sui prodotti di origine animale, comunque, ha consentito agli Stati membri dell’Unione Europea di salvaguardare le proprie filiere strategiche rispetto a fenomeni che era ed è tuttora possibile controllare tramite efficaci attività di polizia sanitaria. E’ merito di un grande medico veterinario italiano, Romano Marabelli, l’avere prima sviluppato in Italia e poi condiviso a livello internazionale questo approccio, in Europa e nel mondo.
La sorveglianza dei movimenti di animali selvatici nei Comuni dove si trovano gli areali di produzione delle grandi DOP italiane è cruciale ed è astrattamente possibile, con i cinghiali. Non va tuttavia sottovalutato il rischio di eventi avversi, con una popolazione di suini selvatici che supera il milione di capi, difficile da tenere sotto controllo.
La prevenzione del rischio di contaminazione dei prodotti a base di carne suina non sottoposti a cottura può già ora venire garantita mediante applicazione di rigorosi protocolli di biosicurezza, da parte di tutti gli operatori che partecipano alla filiera, from feed to fork. Ma bisogna da subito guardare al futuro. Lo sviluppo di filiere bioprotette e la loro trasparenza in tempo reale, con livelli di accessibilità dei dati commisurati alle esigenze degli stakeholder, appare oggi il tassello mancante a un sistema di controlli pubblici e privati efficace, ma che presenta un margine di rischio purtroppo inevitabile.
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