Pubblicato il 13 Maggio 2024
Con l’accusa di aver fatto morire di stenti la figlia Diana, Alessia Pifferi è stata condannata all’ergastolo al processo di primo grado nelle Corte d’Assise presieduta da Ilio Mannucci Pacini, che ha comunque escluso la premeditazione. Respinta la tesi della difesa, secondo la quale il reato da attribuire alla Pifferi era di abbandono di minore, mentre è stata accolta la richiesta di ergastolo da parte del pm Francesco De Tommasi che ha espresso la sua soddisfazione per la sentenza che ritiene giusta.
La morte della piccola Diana
I drammatici fatti risalgono al 20 luglio 2022, quando la donna rientrando nella sua casa a Milano disse di aver trovato la figlia per nulla reattiva. Secondo il suo racconto provò a lavarla e cambiarla, bagnandole mani e piedi che però erano già neri. Si ipotizza che Diana sia morta proprio nel sesto giorno, dopo essere rimasta sola con i biberon, l’acqua e del tè nel lettino da campo.
La Pifferi nell’interrogatorio rivelò che anche in altre occasioni aveva lasciato la figlia da sola, anche se per periodi più brevi, dichiarazioni che secondo la difesa manifestavano la non consapevolezza di poter provocare danni seri e irreparabili alla bambina.
Le fasi del processo
La difesa di Alessia Pifferi, dopo vari cambi di legali, fu affidata all’avvocato Alessia Pontenani, secondo la quale la sua assistita fu abusata da ragazzina, trauma che le avrebbe provocato un ritardo cognitivo in virtù del quale non era in grado di intendere e di volere. La stessa Pifferi raccontò di un presunto abuso infantile, aggiungendo che le altre detenute la picchiavano in carcere.
Maria Assandri e Viviana Pifferi, rispettivamente madre e sorella di Alessia, si sono costituite parte civile aggiungendo che lei non ha mai accettato il loro aiuto. Alessia Pifferi a sua volta ha puntato il dito contro la famiglia, accusandola di averla abbandonata e di non esserle stata vicina dopo un presunto abuso da parte di un amico del padre.
La perizia psichiatrica
C’è stato un altro giallo relativo alla perizia psichiatrica richiesta dal tribunale e condotta dal team guidato dallo specialista Elvezio Pirfo. Dalla perizia è emerso che Alessia Pifferi era capace di intendere e di volere, ma sarebbe caratterizzata da alessitimia, cioè mancanza di empatia.
Tra l’altro la perizia psichiatrica fu condotta dopo l’inizio di un’altra indagine parallela condotta dalla Pontenani e da altre due psichiatre nel carcere di San Vittore, tra l’altro accusate di aver “imbeccato” la Pifferi e di averle dato test precompilati, accuse che le due professioniste respingono al mittente. La Pontenani invece ha accusa la famiglia, rea di aver abbandonato a se stessa Alessia Pifferi che, a sua modo di vedere, non era in grado di badare a se stessa e aveva bisogno di aiuto.