“Usare piuttosto che con valore disgiuntivo, cioè nel senso di oppure introduce un’ambiguità, e quindi in un certo senso aumenta l’entropia della grammatica italiana, per usare un termine della fisica”. A sostenerlo è Marco Biffi, professore di Linguistica italiana all’Università di Firenze e responsabile web dell’Accademia della Crusca. Le considerazioni del docente della Crusca giungono in occasione della pubblicazione di “Piuttosto che”, il nuovo brano didattico composto da Lorenzo Baglioni e scelto come colonna sonora di “La scuola giusta per te? Piuttosto che scegliere a caso, giovanisi.it”, campagna di comunicazione – di cui lo stesso Baglioni è testimonial – realizzata da Regione Toscana (Assessorato Istruzione e formazione) e Giovanisì, il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani (struttura di Fondazione Sistema Toscana), in collaborazione anche con l’Ufficio scolastico regionale, e finanziata con il Fondo sociale europeo (Fse), a supporto delle misure e delle attività elaborate dalla Regione per l’orientamento scolastico.
La locuzione piuttosto che è antica quanto la nostra lingua. Non a caso, la si trova per la prima volta in uno scritto di Brunetto Latini, poeta fiorentino nonché maestro di Dante Alighieri. Nel Duecento si scriveva staccata – più tosto che – il che rendeva ancora più evidente il suo significato di “invece di”, “anziché”. Questo valore disgiuntivo è rimasto intatto fino a quando, all’inizio del nuovo millennio, nella lingua parlata, abbiamo iniziato a usarlo in maniera impropria come sinonimo di oppure. “Un fenomeno recente, nato al Nord in un contesto socio-economico che potremmo identificare con la cosiddetta ‘Milano da bere’, con quello delle aziende e dei professionisti”, prosegue il professor Biffi. “Questa origine ha fatto sì che quello che di fatto per la grammatica è un errore venisse percepito come un modo di esprimersi più elegante, vincente, alla moda, un modo per dichiarare l’appartenenza a un certo gruppo sociale. Così è iniziata la sua diffusione”. L’Accademia della Crusca fin dal 2002 è intervenuta per chiarire il giusto modo di usare piuttosto che, e cioè per esprimere una preferenza. “Il problema” aggiunge Biffi, “è che non si tratta di una trasformazione della lingua che in qualche modo completa l’evoluzione dal latino all’italiano, come avviene per molti altri tratti diventati frequenti nell’uso recente della nostra lingua, ma di un’innovazione che porta scompiglio nel sistema grammaticale, perché con il diffondersi di questo uso non è più possibile avere la certezza se chi dice piuttosto che intenda esprimere una scelta – come vuole la grammatica – o una semplice alternativa”.
E in Toscana? “Nella nostra regione siamo più refrattari a questo errore, ma certamente non immuni” conclude il professore. A puntare i riflettori su un dibattito che non appassiona solo gli esperti e gli accademici, ma anche moltissimi italiani, è appunto la nuova canzone di Lorenzo Baglioni. Dopo “Il congiuntivo” e “L’apostrofo”, il cantante e attore toscano (nonché professore di matematica), il 4 maggio scorso ha lanciato la sua nuova canzone didattica dal titolo “Piuttosto che”, il cui video ha già raggiunto oltre 900mila visualizzazioni. La canzone, a ritmo dance spiega chiaramente che “Piuttosto che non vuol dire oppure”.
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