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Preghiera islamica al Politecnico di Torino, scoppia la bufera

Pubblicato il 24 Maggio 2024

Al Politecnico di Torino è stato annunciato lo svolgimento della preghiera islamica del Politecnico, notizia che ha provocato grande scalpore a partire dal rettore dell’università Paolo Corgnati che, in coordinamento con la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, ha sollecitato il Prefetto e il Questore di Torino a diffidare le autorità religiose coinvolte a svolgere funzioni e attività di tipo religioso nell’Ateneo. Sia la Ministra che il Rettore hanno ribadito con forza “i principi di indipendenza e laicità delle istituzioni universitarie”.

La rabbia dei rettori: “Un precedente preoccupante”

La notizia, che fa il paio con la decisione di esentare due studenti musulmani dallo studiare la Divina Commedia in una scuola media di Treviso, ha suscitato grande indignazione nella CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), il cui presidente Giovanni Iannantuoni ha ribadito che le università, pur essendo luoghi di confronto e di espressione del libero pensiero, sono e devono restare luoghi laici.

Ha quindi bollato l’annuncio della preghiera islamica al Politecnico di Torino come un pericoloso precedente. La CRUI sposa quindi in pieno le parole di Corgnati e della Bernini nel rivendicare la piena indipendenza delle istituzioni accademiche.

La reazione di Fratelli d’Italia

C’è grande agitazione anche tra gli esponenti di Fratelli d’Italia, come la senatrice Paola Ambrogio che ha ribadito con forza la laicità delle università italiane. A suo modo di vedere trasformare un’università occupata in una moschea, con tanto di inno alla Jihad e alla preghiera islamica, è qualcosa di intollerabile. “Quando un’occupazione arriva a veicolare la guerra santa, anche per evitare il concreto rischio di proselitismo, lo sgombero è l’unica soluzione” – ha tuonato.

Sulla stessa falsa riga anche le dichiarazioni di Roberto Ravello, dirigente regionale di FdI, secondo il quale non è in gioco tanto il principio di tolleranza, quanto piuttosto gli stessi valori della società. Consentire ad un imam di inneggiare alla jihad e all’antisemitismo, secondo Ravello, rappresenta la fine della società così come la conosciamo. Ha poi ricordato che intere generazioni hanno lottato per la libertà, e non possono essere collettivi e anarchici, né tanto meno l’Islam radicale, a mettere in discussione i loro sacrifici. “È un concetto troppo prezioso per essere immolato sull’altare dell’integrazione” – ha concluso.