Processo Ilva, primo grado: le condanne

Ventidue anni per Fabio Riva, 20 per Nicola Riva: questa la sentenza della Corte d’Assise per il processo con 47 imputati relativo al reato di disastro ambientale dell’Ilva con la gestione Riva, letta stamattina in aula dalla presidente Stefania D’Errico alle ore 10 e 45. I pm aveva i chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 per Nicola Riva, ex proprietari ed amministratori dell’azienda. L’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, è stato invece condannato a 3 anni e mezzo. Queste le condanne principali nel processo “Ambiente Svenduto” per il reato di disastro ambientale imputato all’Ilva dei Riva. Per Vendola, i pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola risponde di concussione aggravata verso i vertici di Arpa Puglia affinché ammorbidissero la loro posizione verso Ilva. Alla lettura della sentenza era presente anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, con la fascia tricolore. La Corte d’Assise di Taranto ha disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto. Adolfo Buffo, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, ed attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia (società tra ArcelorMittal Italia e Invitalia), è stato condannato a 4 anni (i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni). A Buffo era contestata anche la responsabilità di due incidenti mortali sul lavoro. Ventuno anni di reclusione sono stati invece inflitti all’ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso (28 la richiesta dei pm) e 21 anni anche per Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per le relazioni istituzionali (28 la richiesta dei pm).  L’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, è stato assolto: i pm avevano chiesto 17 anni. Bruno Ferrante si era insediato come presidente del cda Ilva a luglio 2012, cioè poche settimane prima del sequestro degli impianti da parte della magistratura. Due anni a Giorgio Assennato, ex Dg di Arpa Puglia. I pm avevano chiesto per lui la condanna ad un anno ed Assennato in aula nei giorni scorsi aveva anche rinunciato alla prescrizione. Assennato è accusato di favoreggiamento verso l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, in quanto avrebbe negato le pressioni esercitate da quest’ultimo su Arpa Puglia, perché come detto ammorbidisse il tiro su Ilva.

La confisca degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva non ha alcun effetto immediato sulla produzione e sull’attività del siderurgico di Taranto. Sarà operativa ed efficace solo a valle del giudizio definitivo della Corte di Cassazione, mentre adesso si è solo al primo grado di giudizio. Gli impianti di Taranto, quindi, restano sequestrati ma con facoltà d’uso agli attuali gestori della fabbrica.

Gli impianti pugliesi sono infatti ritenuti strategici per l’economia nazionale da una legge del 2012, confermata anche dalla Corte costituzionale. Per area a caldo si intendono parchi minerali, agglomerato, cokerie, altiforni e acciaierie. Da rilevare che nel passaggio degli impianti dall’attuale proprietà di Ilva in amministrazione straordinaria all’acquirente, cioè la società Acciaierie d’Italia tra ArcelorMittal Italia e Invitalia, è previsto il dissequestro degli impianti come condizione sospensiva. Passaggio per ora collocato entro maggio 2022. (fonte: Agi)

Redazione Nazionale

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