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Pronto soccorso, per i pazienti fermi in attesa aumenta la mortalità: l’allarme del presidente Simeu

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Ogni paziente fermo al pronto soccorso in attesa di essere trasferito in un letto di un reparto di ospedale causa un ritardo di almeno 12 minuti sugli accessi successivi, facendo crescere anche la mortalità fino al 4,5%.

Ciò si traduce in ore di ritardo con i pronto soccorso pieni di decine di persone in attesa di ricovero.
Una situazione esplosiva, riferisce Alessandro Riccardi, nuovo presidente Simeu (la società che rappresenta i medici dell’emergenza e urgenza), che conferma le tensioni in crescita in questi giorni festivi, quando il pronto soccorso diventa l’unica ancora di salvezza per tanti malati che non riescono a trovare assistenza sul territorio.

Le dichiarazioni di Alessandro Riccardi

Come spiega Riccardi, si crea un ritardo sull’intera catena dell’assistenza, con un peggioramento non solo dell’assistenza ma della salute dello stesso paziente; “Durante le feste la situazione è sempre critica, segno di un problema costante sull’aggressività dell’utenza” spiega Riccardi riferendosi ai diversi casi di aggressione che hanno colpito diversi operatori sanitari.
“Non si riescono a trovare i posti nei reparti, ed è evidente che chi ha bisogno di assistenza si trova in difficoltà, con un’assistenza non adeguata”.
I pazienti restano in aree molto spesso improvvisate in attesa del trasporto nel reparto di assegnazione definitiva.
In presenza del fenomeno chiamato dei tecnici “boarding” dei pazienti che aspettano in Pronto Soccorso di essere ricoverati, numerosi studi documentano un allungamento ingiustificato dei tempi di attesa alla visita medica, una marcata difficoltà di gestione dei percorsi di tutti gli altri pazienti, un incremento delle complicanze di malattia sia per i casi che verranno ospedalizzati sia per quelli che al termine dell’osservazione verranno dimessi al domicilio.

Ulteriori associazioni statistiche, pubblicate anche sul sito della stessa Simeu, dimostrano il legame tra un maggior numero di giorni di degenza e una maggior incidenza di complicanze. In uno studio recente si è dimostrato che la mortalità dei pazienti in attesa di ricovero aumentava dal 2.5% al 4.5% nei casi in cui il tempo di boarding superava le 12 ore.

Gli interventi messi in campo per alleggerire la pressione sulle strutture e le difficoltà degli operatori sembrano lontane dall’essere risolutive

Al momento gli interventi messi in campo per alleggerire la pressione sulle strutture e le difficoltà degli operatori sembrano lontane dall’essere risolutive. “Non sono ancora sufficienti e adeguati anche se sono arrivati segnali di attenzione nei confronti del nostro lavoro. Intanto i professionisti vanno via, non per burnout: siamo abituati a gestire lo stress. Lo facciamo perché non sopportiamo più di vedere certe situazioni come la perdita della dignità del malato. Non si può fare un’abitudine a questa situazione”. Fonte Ansa

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Redazione Nazionale

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