Pubblicato il 27 Febbraio 2024
Navalny, la cui morte è ancora avvolta nel mistero e forse lo sarà per sempre, è stato il nemico numero uno di Putin, ma il presidente russo deve fare i conti con tanti dissidenti. Nel mirino di Putin ci è finito un altro personaggio eccellente, Oleg Orlov, co presidente del Centro per i diritti umani Memorial e premio Nobel per la Pace che ha osato criticare la guerra in Ucraina accusando Putin di aver trascinato la Russia verso il fascismo.
Orlov è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di colonia penale con l’accusa di discredito reiterato delle forze militari russe con l’aggravante dell’odio verso i valori tradizionali.
Le parole di Orlov: “Avevo ragione”
Lo storico e attivista 70enne, mentre veniva portato via in manette dopo la sentenza, ha sospirato: “Il verdetto ha dimostrato che il mio articolo era accurato e vero”. L’articolo al quale ha fatto riferimento Orlov è “Volevano il fascismo. L’hanno ottenuto”, scritto nel novembre del 2022 per Mediapart, dove si parla di un regima totalitario e fascista, per l’appunto quello russo.
Orlov con Aleksandr Cherkasov è il leader del gruppo Memorial che nel 2022 ha vinto il Nobel per la pace. L’associazione, nata nel 1989, ha sempre difeso la libertà di parola e ha indagato a lungo per portare alla luce i crimini e i misfatti commessi da Josef Stalin. Per il suo attivismo Orlov aveva anche ricevuto il premio Sakharov.
“La sentenza contro Oleg Orlov è un tentativo di soffocare la voce del movimento per i diritti umani in Russia e qualsiasi critica allo Stato. Ma noi continueremo il nostro lavoro” – ha scritto l’associazione in una nota.
Nella sua dichiarazione conclusiva al tribunale Golovinsky di Mosca lo storico 70enne ha lanciato un’altra stoccata a Putin: “Non ho rimorsi e non mi pento di nulla” – ha dichiarato rivolgendosi a “coloro che ora fanno avanzare il rullo compressore della repressione con il loro lavoro, come funzionari governativi, funzionari delle forze dell’ordine, giudici, pubblici ministeri”.
Orlov rivolgendosi ai giudici ha chiesto se non fossero “spaventati loro stessi di ciò in cui si sta trasformando il nostro Paese, che probabilmente anche voi amate”. Il 70enne era già stato condannato a pagare una multa di 150.000 rubli (circa 1.500 euro), ma la Procura locale ha fatto ricorso contro il verdetto chiedendo una pena detentiva. E così a gennaio è iniziata una nuova indagine al termine della quale le autorità hanno stabilità che l’articolo dimostrava l’ostilità di Orlov “verso i tradizionali valori spirituali, morali e patriottici russi“, quindi la multa si è trasformata in detenzione.