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Quei 5 italiani che sbancarono Budapest

Quei 5 italiani che sbancarono Budapest

Pubblicato il 14 Agosto 2020

Un giorno di novembre dell’83 cinque emiliani fecero il colpo perfetto al Museo di Belle Arti di Budapest. Un giallo internazionale che coinvolse molti Paesi. Sì, perché la banda italiana mise in evidenza, nei giorni del comunismo, quando fosse vulnerabile la famosa “cortina di ferro”.

Una storia meravigliosa che il regista romano Gilberto Martinelli (spesso ospite nelle Marche) ha raccontato in “Operation Budapest”, un film che si avvale di grandi fonti (grazie alle faticose e puntuali ricerche documentali di Anna Nagy) e testimonianze autentiche.

Il lavoro di Martinelli, uscito quest’anno e prodotto da Gian Gabriele Foschini, è la cronaca del “furto del secolo”, in cui i 5 reggiani trafugarono sette quadri del Rinascimento, tra cui la “Madonna Esterhazy” di Raffaello, ma anche un’analisi dell’epoca, con filmati inediti e narrazione avvincente tipica del “robbery movie”, sulla scia di “Una storia senza nome” di Roberto Andò (sul furto della Natività di Caravaggio nell’oratorio San Lorenzo a Palermo, ad opera della mafia) e il celebre “Monuments Men” di George Clooney.
” Ho sempre cercato fatti e personaggi che unissero i due Paesi – commenta il regista – Il furto rimase abbastanza in sordina in Italia, in quanto a rilevanza mediatica, ma in Ungheria scoppiò un putiferio. Ci si misero di mezzo anche i servizi segreti rumeni, notoriamente avversi ai magiari. E’ stata la prima volta che la ‘cortina’ mostrò le sue pecche e la polizia ungherese, per la prima volta nella sua storia, fu costretta a collaborare con l’Interpol”.

“I cinque italiani vennero considerati dei grandi temerari – continua – perché se li avessero presi…”. Martinelli, oltre ad essere un ottimo regista, è un fine diplomatico che da anni mette in relazione Italia e Ungheria.

“La prima volta che andai è per il film a cui collaboravo ‘Il fantasma dell’opera’ di Dario Argento, nel 1998. Ormai da più di dieci anni non faccio che avanti e indietro. Pensi che il mio film MCMLVI (1956) sulla rivoluzione magiara fu finanziato direttamente dal Governo ungherese. E’ un popolo che è molto geloso della propria Storia e attento alla sua rappresentazione”.