Pochi giorni fa suscitò aspre polemiche la foto di una donna in costume da bagno ricoperta di cioccolato distesa su un buffet di dolci in un lussuoso hotel della Sardegna. Lo scatto fece il giro del web e suscitò forte indignazione e, contemporaneamente, ha acceso i riflettori su un altro trend decisamente discutibile di origine giapponese: il body sushi, detto anche Nyotaimori.
Il body sushi non è certo una novità, anzi, è proposto in diversi locali lungo tutto lo Stivale ormai da tempo. La vicenda della ragazza ricoperta di cioccolato distesa su un buffet però ha portato agli onori della cronaca la pratica del body sushi, dove il cibo viene offerto su una donna distesa sul tavolo completamente nuda.
Le regole sono molto rigorose: viene garantita la massima igiene e i commensali non possono toccare la donna. Considerando il carattere decisamente trasgressivo, questa pratica è riservata principalmente ad occasioni speciali e goliardiche, come un addio al celibato.
C’è chi la considera addirittura un’arte antica, chi una trovata di marketing, ma la “ragazza vassoio” è un trend che ai più non piace e che è stato bollato di sessismo.
Benché si ritenga che il Nyotaimori sia nato in Giappone, in realtà per i giapponesi questa è una pratica che si è diffusa principalmente all’estero e sarebbe esplosa verso gli anni ’80, in pieno boom economico, e legata alla criminalità organizzata.
Tempo fa l’ambasciata giapponese in Italia rilasciò una nota piuttosto chiara: “É stata divulgata a fini commerciali la leggenda metropolitana che servire pietanze di sushi o sashimi sul corpo di donne nude rientri nella cultura giapponese e tale convinzione è tuttora diffusa in alcuni Paesi esteri. Tuttavia non c’è assolutamente alcuna relazione con la tradizione e la cultura giapponesi. I comuni cittadini dotati di buon senso non hanno mai assistito a queste modalità di presentazione delle pietanze”.
La chiusura del testo è ancora più eloquente: “Qualora ci fossero in Giappone persone che influenzate dalle suddette leggende metropolitane diffuse all’estero si dedicassero a tali attività verrebbero tacciate di deviare dal senso comune e le autorità sanitarie e di polizia competenti chiederebbero conto di tali comportamenti”.
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