Pubblicato il 24 Dicembre 2024
C’era una ragazza residente a Bologna a capo di un’associazione terroristica d’ispirazione jihadista, in chiave takirista (dall’arabo takfīr, la “scomunica” musulmana che i suoi aderenti distribuiscono copiosamente), denominata “Da’Wa Italia”, ossia “Chiamata alle armi Italia”.
Sono tutti under 30 e c’è anche un minorenne tra i cinque destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Bologna, Andrea Salvatore Romito.
Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, nessuno dei cinque ragazzi proveniva da famiglie con particolari difficoltà economiche o disagio sociale.
Tutti erano ben inseriti nel tessuto sociale delle loro città (Bologna, Spoleto, Monfalcone, Milano) dove non frequentavano moschee o centri di preghiera.
Le indagini sono state particolarmente complesse proprio perché i canali attraverso i quali questi giovani si formavano alla dottrina jihadista e comunicavano erano solo in rete.
Oltre a loro facevano parte del gruppo anche una giovane di Spoleto di origine algerina, che con la ragazza pakistana residente a Bologna era al vertice dell’organizzazione.
Il gruppo si componeva anche di un giovane di origine turca che abitava a Monfalcone ed era molto ben inserito nel tessuto sociale della città, oltre a un ragazzo di origine marocchina cresciuto a Milano, che si è radicalizzato al punto da partire per unirsi alle milizie jihadiste Corno d’Africa.
Tutti, ad eccezione di quest’ultimo, sono finiti in carcere.