Ad agosto del 2023 Mancini lasciò la panchina dell’Italia per diventare ct dell’Arabia Saudita, dove ci sarebbe rimasto poco più di un anno a causa dei risultati negativi della Nazionale asiatica. Il Mancio ha avuto il benservito dalla federazione araba e nel frattempo si guarda intorno in attesa che arrivi qualche proposta interessante. Nell’attesa ha rilasciato un’intervista a Il Giornale, dove ha ripercorso la sua carriera con qualche aneddoto simpatico e dando qualche anticipazione sul suo futuro.
Da ragazzino fece il suo primo provino per il Bologna a Casteldebole e, dopo i primi 45 minuti, già fu fatto uscire. Il Mancio pensò che il provino non era andato bene, ma era l’esatto contrario. Il provino era andato così bene che gli emissari del Bologna vollero “nasconderlo” per evitare che qualche altro osservatore potesse mettere gli occhi su di lui. Dopo un mese arrivò la telefonata che gli annunciava il trasferimento a Bologna, dove esordì ad appena 16 anni.
Mancini ricorda ancora perfettamente il primo gol, segnato in un Bologna-Como terminata 2-2. “Arriva una palla filtrante – racconta Mancio ricordando perfettamente ancora quegli attimi indelebili nella sua memoria – esce il portiere che mi pare fosse Giuliani, e io mi trovo faccia a faccia con lui. Decido di tentare il numero, faccio il pallonetto, e vedo la palla che scavalca Giuliani e poi seguo la traiettoria e la vedo entrare in porta e gonfiare la rete…”.
Dopo il primo mese arrivò anche il primo stipendio da 40.000 lire, che i dirigenti definirono una sorta di rimborso spese. Mancini, ancora ragazzino, strabuzzò gli occhi e si chiese attonito: “Ma perché, ci pagate per giocare a pallone?”, non riuscendo a capire perché lo pagassero per divertirsi.
La tappa più importante della carriera di Mancini è stata sicuramente la Sampdoria, dove ha conosciuto una persona che ricorda ancora con grande affetto: il presidente Alfredo Mantovani. Poi ha ricordato la forza di una squadra che non solo vinse lo scudetto, ma che arrivò fino alla finale di Coppa dei Campioni.
Dopo 15 anni di Sampdoria un’altra tappa importante della sua carriera: la Lazio di Cragnotti, dove approdò insieme ad Eriksson che lo allenò proprio a Genova. In 3 anni alla Lazio Mancini alzò ben 7 trofei, dopodiché appese gli scarpini al chiodo e diventò assistente di Eriksson per 6 mesi, prendendo nel frattempo il patentino di allenatore.
Su consiglio dell’amico fraterno Gianluca Vialli, che lui ha definito immortale, decise di accettare la panchina dell’Italia. Insieme lavorarono fianco a fianco, ricomponendo la coppia dei “gemelli del gol” in Nazionale, che portarono l’Italia sul tetto d’Europa a Wembley. Alla grandissima gioia di aver vinto l’Europeo fa però da contraltare la cocente delusione della mancata qualificazione ai Mondiali.
Proprio per questo motivo Mancini ha detto che ha “in conto in sospeso con i tifosi”, ritornando poi sul suo addio alla Nazionale che ha provocato aspre polemiche. L’allenatore ha spiegato che, se potesse tornare indietro, farebbe scelte diverse e proverebbe a parlarsi e a chiarirsi con Gravina.
Mancini non nega che, dietro la sua scelta, ha indubbiamente inciso l’aspetto economico, ma non è stato l’unico motivo che lo ha spinto a lasciare la panchina azzurra. Per i suoi prossimi 60 anni ha un regalo che vorrebbe farsi: “Alzare la Coppa del mondo. Appena diventai ct della Nazionale dichiarai i miei due obiettivi: vincere un Europeo e un Mondiale”.
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