Gli interventi sono stati eseguiti in collaborazione dalle unità di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, nell’ambito di un progetto avviato nel 2021 per la gestione comune di pazienti pediatrici e adulti affetti da degenerazioni retiniche ereditarie.
La distrofia retinica ereditaria si caratterizza dalla mutazione di entrambe le coppie del gene Rpe65, responsabile della produzione di una proteina chiave nel processo di conversione della luce in segnale elettrico nella retina. La più nota tra le distrofie retiniche a trasmissione ereditaria è la retinite pigmentosa (Rp) da cui erano affetti nella forma più precoce – l’amaurosi congenita di Leber – i due fratellini trattati.
La retinite pigmentosa può essere causata dalla mutazione di circa 100 geni implicati nei meccanismi della visione.
Uno di questi geni è l’Rpe65, le cui mutazioni sulle due copie del gene sono molto rare e interessano circa 1 persona su 200 mila nel mondo.
I pazienti hanno problemi di scarsa visione notturna, di restringimento del campo visivo e possono manifestare una grave e progressiva riduzione della capacità visiva fino alla cecità.
La terapia per questa malattia rara, sviluppata da Novartis per i pazienti adulti e pediatrici, si chiama voretigene neparvovec (nome commerciale Luxturna) ed è stata autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) nel 2021. Consiste in una singola iniezione – “one shot” – nello spazio sottoretinico di entrambi gli occhi di una copia funzionante del gene Rpe65.
Il gene sano è veicolato all’interno delle cellule da un adenovirus associato, con patrimonio genetico modificato, che agisce come vettore. Una volta nelle cellule, la copia funzionante del gene è in grado di ripristinare la capacità visiva del paziente in modo significativo e duraturo.
I miglioramenti sono stati certificati dal follow-up completato nei mesi successivi.
“La terapia genica per la degenerazione retinica a trasmissione ereditaria – afferma Giancarlo Larossi, referente del percorso sulle distrofie retiniche all’interno dell’unità di Oculistica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – rappresenta la prima concreta cura per prevenire o correggere il decadimento completo della funzione visiva e riveste un ruolo fondamentale per future strategie terapeutiche”.
“La retinite pigmentosa – sostiene il professor Stanislao Rizzo, professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica e direttore della UOC di Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – è una malattia terribile che porta nelle forme più severe a cecità e per cui non esisteva terapia efficace fino a poco tempo fa. Finalmente oggi, anche se solo in pochi pazienti, riusciamo a offrire un trattamento efficace, frutto di studi scientifici internazionali eseguiti in pochissimi centri nel mondo di ricerca e cura”.
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