Pubblicato il 8 Marzo 2022
Prima gli mostra la maglietta con la stampa che ritrae Putin in tenuta militare. Poi gli dice “Io non la ricevo, venga con me al confine a condannarlo». Il sindaco di Wojciech Bakun ha accolto così Matteo Salvini al suo arrivo alla stazione Przemysl, a una decina di chilometri al confine con l’Ucraina.
Anche un gruppo di italiani, presenti alla scena, urlandogli “Pagliaccio, buffone, riprenditi la maglietta di Putin e tornatene a casa ” ha contestato il leader leghista, in missione con i volontari di “Ripartiamo onlus”.
Salvini, visibilmente sorpreso e contrariato, non ha raccolto la provocazione dicendo di essere lì per portare “Aiuti e la pace”.
Prima di arrivare, su Facebook aveva postato: “Al lavoro per restituire Pace, casa e sorriso a questi bimbi e a queste mamme. Che questo 8 marzo, passato insieme alle donne fra Polonia e Ucraina, sia l’ultimo 8 marzo di guerra”.
I più smaliziati però vedono nel viaggio di Salvini una mossa politica per ripulirsi l’immagine, dopo anni di sintonia con la Russia di Putin. Da più parti c’è chi lo accusa di non essere interessato ad altro che a una passerella. Fuoco amico da Forza italia: “Salvini sta andando in Polonia e probabilmente al confine ucraino. Lo trovo uno spettacolo triste, per non dire altro”, ha twittato il deputato azzurro Elio Vito prima della partenza del leader della Lega.
Non sono solo i siti italiani a rispolverare gli elogi fatti da Salvini a Putin prima della guerra fatta scoppiare in Ucraina.
Il New York Times ha scritto dei politici storici sostenitori del presidente russo e del loro attuale imbarazzo, annoverando nell’elenco Salvini. “E’ stato un impenitente fan”, scrive Jason Horowitz, ricordando di quando Salvini indossò la maglietta con il volto di Putin nella Piazza Rossa di Mosca e nel Parlamento Ue, la stessa mostrata dal sindaco polacco oggi.
“Disse che preferiva il presidente russo a quello italiano. Ha dato eco incessantemente alle richieste di Putin per la fine delle sanzioni sull’annessione della Crimea”. Dichiarazioni su cui Salvini non ha mai fatto passi indietro, neanche alla luce dell’invasione ucraina. Ha condannato sì la guerra – sottolinea Horowitz – ma senza pronunciare mai la parola Putin.