Un nuovo dramma infiamma e sconvolge l’Iran: Kianoosh Sanjari, giornalista e attivista iraniano, si è suicidato per protestare contro il regime iraniano. “Se entro le 19 di oggi il loro rilascio non verrà annunciato, porrò fine alla mia vita in segno di protesta contro la dittatura di Khamenei” – così aveva scritto ieri 13 novembre il dissidente, che ha dato seguito alla sua minaccia di suicidio. In particolare aveva chiesto il rilascio dei 4 prigionieri politici Fatemeh Sepehri, Nasrin Shakarami, Toomaj Salehi e Arsham Rezaei, arrestati durante e dopo le manifestazioni per Mahsa Amini, la ragazza uccisa dalla polizia morale solo perché non aveva indossato correttamente il velo.
Concluso il termine indicato, Sanjari ha poi pubblicato sui social un’immagine di se stesso in cima al ponte a Teheran, da dove si è lanciato.
Poco prima di suicidarsi aveva scritto sui social che lui rispetta le promesse e quindi avrebbe messo in atto la sua minaccia di suicidarsi poiché i prigionieri politici non erano stati liberati. “Nessuno dovrebbe essere incarcerato per avere espresso le proprie opinioni, la protesta è un diritto di ogni cittadino iraniano. Non dimenticate che moriamo per amore della vita, non della morte” – ha scritto il giornalista che, come ultimo gesto d’amore per il suo paese, ha invitato gli iraniani a svegliarsi e liberarsi dalle catene della schiavitù.
Successivamente sui social sono comparsi dei video che mostravano il corpo di un uomo senza vita sotto il ponte Hafez e due persone che cercavano di rianimarlo invano. Poco dopo Iran International, così come altre fonti locali, hanno confermato la morte del dissidente iraniano.
Sanjari è solo l’ultima vittima del regime, dal momento che si stava battendo per la liberazione dei prigionieri politici tra i quali c’era anche Nasrin, la madre di Nika Shakarami, 16enne uccisa per la sua opposizione al regime e diventata simbolo del movimento “Donna, Vita, Libertà”.
Sanjari, classe ’82, per molti anni ha vissuto negli Stati Uniti per sfuggire alla repressione del regime iraniano, ma poi fece ritorno in Iran nel 2015 con la sua anziana madre. Tra il 1999 e il 2007 era stato arrestato più volte dalle autorità iraniane. Molti utenti hanno inviato messaggio di cordoglio e di vicinanza al giornalista, che incarna la lotta di molti iraniani che da tempo protestano contro gli abusi e le violenze del regime. Tra questi Hossein Yazdi, anche lui giornalista iraniano imprigionato più volte, che ha scritto sui social questa parole d’addio: “Mi sento soffocare, non credevo che l’avresti fatto, ma avrei voluto che mi portassi con te. Vorrei che non avessimo litigato”.
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