Un grande onore per l’unico campione del mondo di calcio, finora almeno, nato e cresciuto in provincia di Latina. Alessandro Altobelli, per tutti Spillo, attaccante dell’Inter e della nazionale campione nel 1982, entra nella Hall of Fame della Federazione Italiana Gioco Calcio: “Ricevere questo premio – ha detto – è una bella sorpresa e una grande soddisfazione. Non è da tutti entrare a far parte della storia del calcio italiano, servono sacrifici e bisogna farsi trovare pronti nei momenti cruciali. Devo ringraziare tutti i compagni di squadra dell’Inter e tutti i grandi campioni con cui ho avuto la fortuna di giocare in Nazionale”
Gol su gol, soprattutto con la maglia dell’Inter (e del Latina prima) anche se uno resta indelebile nella sua memoria ed in quella collettiva. Naturalmente parliamo di quello nella finale del mondiale spagnolo, che Spillo, per altro, non doveva giocare: “Avevo giocato una ventina di minuti anche in semifinale perché Ciccio Graziani si era fatto male – ricorda – quando ho visto che in finale è caduto a terra e si teneva la spalla mi sono immediatamente tolto la tuta, non ho dato a Bearzot nemmeno il tempo di ragionare. Cercavo quel gol, ero sicuro dei miei mezzi ed ero in forma. Quando ho segnato ho solo pensato che avevamo chiuso la partita, che come disse Pertini in tribuna ormai non ci avrebbero preso più. Solo più tardi, a mente fredda, ho realizzato davvero cosa avevo fatto, anzi cosa avevamo fatto”.
Undici anni in nerazzurro; 466 presenze e 209 gol che hanno contribuito alla vittoria di uno Scudetto e due Coppe Italia: “Dopo il secondo anno a Brescia mi volevano tutti: Milan, Juventus, Inter. La fortuna volle che il presidente del Brescia era Francesco Saleri, tifosissimo dell’Inter. Fu lui ad accompagnarmi a Milano per la firma”. E quel soprannome che lo ha sempre caratterizzato, tirato fuori da un maestro elementare che assistendo agli allenamenti delle giovanili del Latina aveva notato quel ragazzo lungo e sottile, ma letale. Doti che hanno fatto la sua fortuna, anche se: “Terminata la scuola media, mio padre mi disse che era arrivato il momento di imparare un mestiere. E così mi mandò da un suo amico che faceva il macellaio. Diventai presto bravo, con la carne ci sapevo fare”. Ma nella vita di Alessandro a questo punto entra in scena Gaspare Ventre, barbiere di Sonnino, suo paese natale: “Fu lui a mettere in piedi la Spes, la squadra del paese. Appena potevo scappavo via dalla macelleria per andarmi ad allenare. Ai bambini che iniziano a giocare dico sempre che se sono riuscito a diventare campione del mondo io, cresciuto in un paese dove non c’era neppure il campo del calcio, possono riuscirci anche loro”.
“Ho giocato con Maradona, Platini, Falcao, Boniek, Junior. Ogni tanto sfoglio gli album Panini degli anni Ottanta e torno a quei tempi. Che tempi! Il compagno più forte che ho avuto è stato Beccalossi, era un genio del calcio. Ed è incredibile che non sia mai stato convocato in Nazionale. I difensori più difficili da superare Gentile e Vierchowod. Quanto dovevo affrontare Pietro dormivo poco la notte, ma per lui era lo stesso” conclude Altobelli.
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