La convinzione alla quale giunge Stéphane Allix nel suo libro “La morte non esiste” trae origine dal devastante dolore provocato dalla perdita del fratello.
Da quando la morte inaccettabile gli impose una domanda, anzi la Domanda: dov’è adesso mio fratello?
Così ha cominciato un viaggio in quel che si utilizza per cercare di sondare l’inesplorato, quel da cui nessuno è mai tornato.
Esiste l’aldilà? Se sì, cosa c’è? E chi ci è stato strappato via fisicamente dove va?
L’inviato di guerra francese, 56enne, ha esaminato dati scientifici raccolti nel campo delle neuroscienze. Ma non era sufficiente per giungere a una risposta attendibile.
Così ha voluto provare su di sé gli effetti di un impossibile post mortem con pratiche spirituali antichissime così come lo sciamanesimo, la meditazione profonda, utilizzando allucinogeni che ancora oggi molte popolazioni arcaiche usano.
Perché “La nostra coscienza non si riduce alla nostra attività cerebrale”.
Allix si rifà soprattutto aglli studi del cardiologo olandese, Pim Van Lommel, pubblicate su Lancet : “E’ possibile essere coscienti anche quando tutte le funzioni cerebrali sono cessate”.
Insomma, si riferisce a quelle persone che hanno vissuto esperienze di pre-morte durante una rianimazione e poi sono tornate alla vita, riuscendo a raccontare cosa hanno percepito in quegli istanti.
Il racconto è simile per tutti quelli che hanno vissuto la sconvolgente esperienza, cioè osservare la scena del proprio corpo rianimato dall’alto come se fossero usciti dal proprio corpo. Poi la ormai nota visione di una luce chiara intensissima che infonde profonda sensazione di benessere.
Insomma, per l’autore “La morte non esiste” non è un titolo a effetto. E’ una rivelazione che scatenerà dibattiti. E polemiche.
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