Pubblicato il 27 Settembre 2024
Si continua a indagare sulla raccapricciante strage di Nuoro, che porta la firma di Roberto Gleboni, operaio forestale di 52 anni. Uno dei pochi sopravvissuti della mattanza è il figlio 14enne, che ha detto ai carabinieri che hanno bussato alla porta di casa: “Sono morti tutti, mi sono salvato perché ho finto di esserlo anche io”. Ha poi dichiarato che nel giorno della strage urlavano tutti in casa, quindi una lite in famiglia potrebbe aver scatenato la follia omicida del 52enne. Il Corriere della Sera ha comunicato che il ragazzo verrà sentito come testimone, con il supporto di uno psicologo e di un tutore e in modalità protetta.
Strage di Nuoro, si cerca il movente
Gli inquirenti stanno ancora cercando di capire la causa che ha spinto la mano di Gleboni a compiere questa orribile strage familiare. Si sta scavando nella vita dell’uomo, e dei suoi familiari, per trovare un indizio che possa in qualche modo spiegare una simile mattanza. Sembra che l’uomo non sia mai stato violento e gli stessi vicini di casa e conoscenti hanno detto che sono sconvolti da quanto successo, poiché non c’erano assolutamente i segnali di una simile tragedia. Domani, 28 settembre, saranno svolte le autopsie sui corpi e sono previsti ulteriori sopralluoghi.
La dinamica
Secondo la ricostruzione il 52enne avrebbe impugnato la sua semiautomatica calibro 7.65, regolarmente detenuta, facendo fuoco contro la moglie e la figlia di 25 anni, uccidendole entrambe. Poi si è scagliato contro i suoi figli: il primo di 14 anni è stato colpito di striscio, mentre il secondo di 10 anni è stato colpito in pieno ed è morto in ospedale.
È poi uscito sul pianerottolo del palazzo, dove ha fatto fuoco contro Paolo Sanna uccidendolo, pensionato 69enne, proprietario di casa della famiglia Gleboni e inquilino del terzo piano, sceso al piano terra forse perché aveva sentito gli spari. L’uomo ha completato il suo folle piano dirigendosi verso la madre e facendo fuoco contro di lei, colpendola in modo non grave al viso, per poi rivolgere l’arma contro di sé e uccidersi con un colpo alla tempia.