Eriksson, che in Italia ha allenato Lazio, Sampdoria e Roma, pochi mesi fa aveva annunciato di essere affetto da un tumore incurabile.
Era stato il primo allenatore straniero dell’Inghilterra, legando così indissolubilmente la sua figura al calcio britannico.
In Italia era arrivato a metà degli anni ’80 alla Roma, dopo l’esperienza sulla panchina del Benfica in Portogallo. Poi le panchina di Fiorentina e Sampdoria.
Con la Lazio vinse lo scudetto nella stagione 1999-2000.
Poi ha girato il mondo dall’Arabia alla Cina, alla Thailandia.
Ha allenato diverse nazionali: dopo l’esperienza con l’Inghilterra, ha infatti guidato Costa d’Avorio, Messico e Filippine.
A gennaio ha rivelato di combattere contro un tumore, arrivato allo stato terminale, affermando di avere, nella migliore delle ipotesi, “un anno di vita”.
Da quell’annuncio, Eriksson è stato ospite di alcune delle società che ha allenato in giro per l’Europa. In Italia è stato accolto allo stadio dalla Lazio e dalla Sampdoria. In Inghilterra ha realizzato un suo sogno: sedere sulla panchina del Liverpool nel corso di una partita organizzata tra le leggende del club e l’Ajax.
“Non essere dispiaciuto. Sorridi”. E’ uno degli ultimi messaggi dell’allenatore nel corso di un documentario a lui dedicato che Amazon ha pubblicato nelle scorse settimane.
“Grazie di tutto: allenatori, giocatori, pubblico. È stato fantastico. Prendetevi cura di voi stessi, prendetevi cura della tua vita e vivetela. Fino alla fine – ha aggiunto – Ho avuto una bella vita, sì”, ha ammesso Eriksson. “Penso che tutti noi abbiamo paura del giorno in cui moriremo. Ma la vita riguarda anche la morte. Dovete imparare ad accettarlo, per quello che è. Speriamo che alla fine la gente dica: ‘Sì, era un brav’uomo’. Ma non tutti lo diranno. Spero che mi ricorderanno come un uomo positivo”.
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