Thomas: cacciatore di pusher e borseggiatrici a Milano, “denuncio lo spaccio di droga con un fischietto”

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Piccoli Brumotti crescono: così potrebbe essere intitolata la storia di Thomas Sbriglio, un ragazzo 19enne che ha fatto della lotta contro i pusher e i borseggiatori una vera missione. Proprio come Brumotti, che per le sue missioni più volte le ha prese di santa ragione, anche Thomas si è ritrovato spesso in brutte situazioni ma non ha intenzione di fermarsi. Ora è diventato famoso, tutti lo conoscono come il “cacciatore di pusher”, tanto che il Corriere ha deciso di intervistarlo e di raccontare la sua storia.

L’infanzia rubata di Thomas

Thomas sin da 7 anni è stato traumatizzato dai tossici, che invadevano il parco dove abitava a Solaro, vicino Saronno, occupando quegli spazi destinati ai bambini per giocare. “I tossici occupavano il parchetto dal pomeriggio – ha raccontato il 19enne – e fare calcio era impossibile. Con un telefono fotografavo le siringhe e le mostravo al nonno, poi lui segnalava alle forze dell’ordine. A un certo punto l’hanno liberato”.

Il ragazzo ha raccontato che è cresciuto letteralmente terrorizzato: “Non mi ripresi. Iniziai ad avere gli incubi e a deformare la realtà: vedevo uomini con le siringhe ovunque, anche fuori da scuola, e pensavo volessero rapirmi. Diventarono così, nella mia immaginazione viziata, i cattivi per eccellenza, quelli che mi negavano il divertimento”.

Non ha certo aiutato la situazione famigliare: i genitori erano separati e lui andò a vivere con i nonni paterni, a Solaro appunto. Oggi vive con la nonna rimasta vedova, mentre il padre vive al piano di sotto con la nuova compagna che gli ha dato un’altra figlia.

Tossici e pusher affollavano perennemente i pensieri di Thomas, costretto a seguire da giovanissimo un percorso psicoterapeutico: “Alle elementari uscivo in anticipo per andare dalla psicologa. Lì disegnavo i tizi che mi perseguitavano: carnagione scura, denti aguzzi, sangue e ancora siringhe. Ricordo d’aver preso anche dei farmaci. In seconda media migliorai, nel senso che finirono le apparizioni e iniziò l’elaborazione del trauma”.

Il ragazzo ha poi spiegato di aver capito che i “cattivi” non erano tanto i tossici, quanto i pusher e così quando frequentava la terza media con coraggio iniziò ad esplorare i luoghi dove gli spacciatori vendevano la droga.

La caccia ai pusher

Pian piano Thomas ha iniziato a dare la caccia ai pusher, documentando foto e video per poi condividere tutto sui social: “Mai cercato visibilità – ha precisato il ragazzo – anche per non farmi riconoscere dai cattivi. La mia è una vocazione per la giustizia. Quando avevo “la prova” chiamavo le forze dell’ordine e consegnavo una chiavetta Usb. Qualche missione l’ho condivisa su YouTube camuffando la voce”.

Il rapporto con le forze dell’ordine è stato di “odio e amore”, come lui stesso ha rivelato: “Chi diceva grazie e chi mi accusava di scimmiottare Brumotti. Certo lui mi ha ispirato e lo considero un maestro, ma io ho una ferita profonda, un conto in sospeso con il passato. Quando un poliziotto della sezione Narcotici mi ha detto che istigavo me la sono presa e ho smesso”.

Nel mirino di Thomas sono poi finiti anche i borseggiatori, una vera piaga sociale per tante città, soprattutto in metropoli come Milano e Roma. Solo pochi giorni fa alcuni borseggiatori su una metropolitana di Roma furono scoperti mentre rubavano e diedero vita ad una vergognosa rissa con i passeggeri.

“Ho ripreso l’anno scorso – ha raccontato – quando sui social di “Milano bella da dio” è esploso il fenomeno delle borseggiatrici in metropolitana. La sorpresa è stato vedere che c’erano altri giovani impegnati nel contrasto dei reati. Adesso faccio parte del Comitato sicurezza dei cittadini: la mia squadra, i miei amici”.

Ha poi rivelato qual è il suo modus operandi: “Ormai il weekend lo passo a Milano. Da Solaro prendo il pullman per Saronno, poi il treno. Non ho ancora la patente. La geografia dello spaccio non è cambiata e cerco di presidiare soprattutto la Centrale, piazza Duca d’Aosta. Passeggio, come fossi un turista, e quando un pusher mi avvicina uso un fischietto per richiamare l’attenzione della gente, dopodiché urlo: “Signori, questo è uno spacciatore che vende morte ai giovani”. Nel borsello a tracolla ho una telecamera nascosta che riprende approcci ed eventuali aggressioni”.

Una vita pericolosa

Non sono rari i casi in cui Thomas è stato aggredito e in un’occasione addirittura derubato: “Lo scorso novembre, in piazza Duca d’Aosta. Uno spacciatore mi riconosce: dice che per colpa mia è finito a “Striscia la Notizia”. Mi strappa il borsello e si dà alla fuga, io lo inseguo mentre un altro pusher mi ostacola colpendomi al volto. Riesco a raggiungerlo in via Vittor Pisani, vicino alle scale del metrò, ma vengo spinto e cado a terra. Due contro uno. Rompono la GoPro e mi sfilano il telefono dalla tasca. Ricevo una scarica di calci alla schiena. Per fortuna, sotto la giacca, indosso sempre un’armatura, una di quelle protezioni da motociclista. Comunque so difendermi, ho fatto judo”.

Una vita non solo pericolosa, ma che inevitabilmente ha anche ripercussioni sui suoi rapporti sociali: “Frequentavo una ragazza. Quando ha scoperto le mie missioni ha chiuso ogni rapporto. La vedo ogni giorno sul pullman e finge di non conoscermi. L’ho già detto: è una vocazione. Anche d’estate mi concedo massimo 15 giorni al mare”.

Insomma per Thomas la lotta contro i pusher è una vera missione e, dopo aver concluso gli studi all’istituto professionale, desidera coronare il suo sogno: “Voglio entrare nella Polizia di Stato”.

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Redazione Nazionale

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