Il cantante Tony Effe, nome d’arte di Nicolò Rapisarda, nato nel 1991, è in un momento di grande notorietà. Dopo le controversie legate alla cancellazione del suo concerto di Capodanno, inizialmente promosso dal Comune di Roma ma poi annullato a causa dei suoi testi controversi, il trapper si prepara ora a salire sul palco del prossimo Festival di Sanremo.
In un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, il cantante ha raccontato la sua infanzia e il percorso scolastico. “A quattro anni sono stato scelto per recitare in Viaggi di nozze di Carlo Verdone. Da quel momento, sono diventato una sorta di bambino prodigio, molto richiesto. Alle elementari, finita la scuola alle quattro, andavo ogni giorno a fare un provino, accompagnato da mia madre. Avrei preferito giocare, ma sapevo che in questo modo potevo dare una mano alla mia famiglia dal punto di vista economico. Ero un bambino molto disciplinato”.
“Dopo essere stato bocciato due volte al liceo, ho deciso di iscrivermi a una scuola paritaria per ottenere il diploma. Alla seconda bocciatura ho capito che senza quel titolo non avrei avuto molte prospettive. Mio padre, però, mi ha detto chiaramente: ‘Vuoi una scuola privata? Pagatela da solo’. Così, a diciotto anni, i soldi che avevo guadagnato con il cinema erano già finiti,” ha raccontato. “Successivamente ho iniziato a lavorare con mio padre e mi sono iscritto a un corso di certificazione delle pietre preziose. I tre migliori studenti avrebbero ottenuto un attestato e la possibilità di visitare il Banco dei diamanti ad Anversa. Sono riuscito a classificarmi tra loro.”
Parlando dei testi delle sue canzoni, spesso considerati poco adatti ai giovani, ha spiegato: “Fin dall’inizio, appena abbiamo pubblicato i primi brani online, abbiamo capito di essere divisivi. Avevamo vent’anni, i nostri coetanei ci capivano, mentre gli adulti no. Mia madre era sconvolta e mi chiedeva: ‘Devi per forza parlare di violenza?’ Cercavo di farle capire che raccontare una realtà non significa viverla. Il rap ha il suo linguaggio. Io descrivo ciò che osservo, ma non bisogna confondere la narrazione con la vita reale. Lo ripeto: una cosa è raccontare, un’altra è vivere. Se fosse così, allora Stephen King sarebbe un serial killer?”.
“Una volta a settimana faccio italiano. Analisi dei testi. Nell’ultima lezione abbiamo letto e analizzato una poesia di Umberto Saba dove lui, Saba, impersonifica la città con un ragazzaccio biondo, un po’ quello che ho cercato di fare io con Roma in Damme ‘na mano, la canzone per Sanremo. Sento di avere molto da imparare. Voglio migliorarmi”, ha concluso Tony Effe.
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