La Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito di indagini a carico di un 33enne indagato per il reato di maltrattamenti in famiglia, ha richiesto ed ottenuto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, eseguita dai Carabinieri della Stazione di Tremestieri Etneo.
Le indagini, coordinate dal pool di magistrati qualificati sui reati che riguardano la violenza di genere, hanno fatto luce sulla condotta posta in essere dall’uomo sin dal 2015 allorché, la compagna 31enne dell’uomo, aveva con quest’ultimo allacciato una relazione sentimentale convivendo sotto lo stesso tetto e procreando con lui un figlio.
Sin dall’inizio il loro rapporto era però stato caratterizzato dal comportamento violento ed aggressivo dell’uomo nei confronti della compagna, ingiustificatamente motivato da una morbosa gelosia che ha spinto quest’ultimo a precluderle un normale rapporto di relazione sociale come l’occasionale frequentazione con le amiche, vessandola altresì con una continua ispezione del computer e del telefono cellulare personale.
Nel luglio del 2020, quando dopo aver verificato le notizie sul profilo della compagna su un social network aveva erroneamente dedotto che ella intrattenesse un rapporto sentimentale con un altro uomo, ha più volte percosso la compagna, oltre che ingiuriarla dinanzi al figlioletto e sputandole in faccia.
La donna in seguito aveva interrotto la relazione sentimentale ma l’ex compagno, lo scorso 6 settembre, l’aveva tempestata di SMS dal contenuto minaccioso stante i quali, oltre alle ingiurie rivltele, le preannunciava che avrebbe pagato per la sua scelta di troncare il loro rapporto.
In effetti, proprio il giorno successivo, l’uomo ha tentato d’introdursi all’interno dell’abitazione dove ella ormai dimorava unitamente ai genitori, alla sorella ed al figlio.
Le ripetute attività intimidatorie dell’uomo, solo conseguenziali a quelle violente e denigratorie tenute durante l’ormai conclusa relazione amorosa, hanno piegato la resistenza psicologica della donna che ha riferito i fatti ai militari delegati delle indagini che, poi, hanno fornito alla Procura della Repubblica gli elementi indiziari che hanno consentito al giudice di emettere la misura cautelare.
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