Trump ritorna a parlare in pubblico e minaccia New York. Biden ottiene 306 voti elettorali

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Dopo otto giorni passati senza parlare in pubblico, nella serata di Trump si è presentato al Giardino delle Rose per una conferenza stampa. Durante il suo intervento c’è stato un attimo in cui gli è quasi scappato di dire che la prossima amministrazione potrebbe anche non essere la sua. Nel frattempo però l’attuale presidente continua a chiedere soldi a sostegno delle sue cause legali, senza avvertire che quei denari potrebbero finire per saldare i suoi debiti elettorali o finanziare altre ambizioni.


Quello di ieri avrebbe dovuto essere semplicemente un briefing informativo, per aggiornare la popolazione del paese sull’orizzonte vaccinale, in un momento particolarmente difficile in cui si vedono gli Stati Uniti crescere di 184.000 persone positive al Covid al giorno. L’occasione però era troppo ghiotta così il presidente in carica ha approfittato per fare un po’ di dispetti a chi non gli vuole molto bene.
Durante la sua conferenza Donald Trump ha rimarcato l’impegno del suo governo nel facilitare la creazione e la fabbricazione dei vaccini contro il Covid e ha annunciato che due di questi potrebbero ottenere l’ok della Food and Drug Administration (FDA) entro l’anno, per essere poi disponibili a tutti gli americani dal aprile 2021. Ma all’ampio risalto e merito accordato alla propria amministrazione, che ha trovato eco anche parole degli altri funzionari intervenuti dopo di lui, Trump ha voluto aggiungere una stoccata allo Stato di New York, da cui ancora una volta ha ottenuto pochi voti e il cui governatore è da sempre ipercritico nei suoi confronti.

Pur essendo nato e cresciuto a New York il presidente Trump non ha mai dimostrato particolare affetto verso questo territorio, andando così a pressarlo sul fronte della tassazione e accusando l’amministrazione locale (democratica) di incompetenza di fronte al Covid e negando supporti economici agli enti statali in difficoltà.
Lo Stato di New York, che già alle elezioni del 2016 aveva offerto poche soddisfazioni a Trump, è un’area particolarmente scettica verso tutto ciò che fa e che dice l’attuale presidente, cosa che ha spinto il governatore Andrew Cuomo a mettere insieme una task force locale, guidata da un Premio Nobel, che possa controllare i dati relativi ai vaccini eventualmente autorizzati dagli enti federali, costantemente sollecitati da dall’inquilino della Casa Bianca a fare presto, a battere tutti i record di certificazione. Davanti all’evidenza che metà della popolazione americana affermava essere scettica verso i vaccini dell’era Trump, alcuni governatori hanno proceduto con la creazione di gruppi di esperti preposti alla verifica dei risultati dei test effettuati dalle aziende farmaceutiche.

Ma, nell’ambito di questo gruppo di scettici, ieri Trump ha voluto chiamare in causa solo un governatore, cioè Andrew Cuomo: “In aprile il vaccino sarà disponibile per l’intera popolazione ad eccezione di luoghi come lo stato di New York, dove, per motivi politici, il governatore ha deciso di dire … che vuole prendersi il suo tempo sul vaccino. Non lo consegneremo a New York fino a quando non avremo l’autorizzazione a farlo, e mi dispiace dirlo. Il governatore Cuomo dovrà farci sapere quando sarà pronto. Altrimenti non possiamo consegnarlo a uno stato che non lo darà alla sua gente”. Poi, chiudendo questa parte del suo intervento, Trump si è augurato che questa volta Cuomo possa fare un lavoro migliore rispetto a quello svolto durante la prima ondata di Covid in cui si sono registrate migliaia di vittime all’interno delle RSA. Questa è un’accusa molto pesante che ogni tanto Donald Trump tira fuori per cercare di danneggiare uno dei suoi più duri oppositori.


Pochi minuti dopo queste minacce in diretta televisiva nazionale il governatore di New York si è affacciato alla MSNBC e alla CNN dove ha risposto, tono su tono, a quanto dichiarato dall’attuale inquilino della Casa Bianca: “Niente di ciò che ha detto [Trump] è vero. Sorpresa, sorpresa. Sono stato uno schietto oppositore a molte delle politiche di Trump negli ultimi quattro anni” aggiungendo poi che Trump ha perso a New York nelle ultime elezioni presidenziali con “enorme margine” e che i pubblici ministeri stanno indagando sul presidente per frode fiscale. “Quindi, ha problemi con New York e gli piace puntare il dito contro New York. (…) Ma questo è un suo problema. È un suo problema di credibilità. Ma la paura che abbia politicizzato il processo sanitario di questa nazione è una paura fondata”. Poi, in merito al vaccino contro il Covid ha ribadito che “Non appena la FDA lo approverà, lo faremo approvare dal nostro panel e pure altri sette stati lo esamineranno. E poi potrò dire alla gente di New York: ‘So che eri dubbioso, ma abbiamo fatto una revisione con un panel separato: è sicuro, prendilo.'” Andrew Cuomo ha poi rassicurato la popolazione del suo stato sulle tempistiche di questa verifica affermando che sarà “simultanea” e con una consegna del vaccino eseguita in modo tale che “Non ci saranno ritardi, non appena riceveranno il farmaco, siamo pronti per distribuirlo.”

Durante la conferenza stampa di Trump alla Casa Bianca c’è stato però un attimo su cui è caduto l’orecchio di tutti, un momento in cui è sembrato che, senza manco accorgersene, l’attuale presidente stesse manifestando la consapevolezza di un possibile cambio alla guida del paese. Parlando del tema dei lockdown Donald Trump ha detto “qualunque cosa accada in futuro, chissà quale amministrazione ci sarà” ma appena resosi conto di ciò che stava dicendo ha deviato la frase in altra direzione. Dunque, lapsus a parte, neanche ieri l’America ha sentito Trump dichiarare ufficialmente di aver perso le elezioni, nonostante Joe Biden abbia passato l’intera settimana conversando al telefono con vari capi di stato fra cui il primo ministro della Gran Bretagna, oggetto della sua prima chiamata, poi quello d’Irlanda, proseguendo con le chiamate alle cancellerie di Francia, Germania, Corea del Sud, Giappone, Australia, Canada, ieri sera l’Italia e abbia ricevuto persino una telefonata benedicente da Papa Francesco.

Mentre il mondo un po’ alla volta si abitua, o si arrende, all’evidenza che il nuovo presidente degli Stati Uniti sarà Joe Biden, Trump insiste a fare causa in Nevada, Arizona, Michigan, Georgia e Pennsylvania, ottenendo poco o niente da queste azioni legali.
Mentre a Biden viene assegnato anche lo stato della Georgia, portando il totale dei voti elettorali da lui conquistati a quota 306 (gli stessi racimolati da Trump nel 2016) l’inquilino della Casa Bianca insiste nel diffondere strampalate teorie di frode via social e nello spingere i suoi avvocati verso una missione impossibile.
Nella settimana che si va ora a concludere gli ufficiali in carica presso gli uffici elettorali dei vari stati americani hanno diramato una dichiarazione congiunta in cui si affermava che il sistema aveva funzionato bene e non si erano verificati tentativi di frode di alcun tipo. Allo stesso modo, Christopher Krebs, un ex dirigente Microsoft incaricato di sovraintendere all’integrità del processo elettorale attraverso la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), ha dichiarato “Non ci sono prove che un sistema di voto abbia cancellato o perso voti, cambiato voti o sia stato in qualche modo compromesso” e l’elezione presidenziale 2020 “É stata la più sicura nella storia americana”, rimandando così al mittente le accuse di Trump lanciate via Twitter e prontamente indicate dalla piattaforma come fake news. Nonostante ciò Trump e alcuni suoi fedelissimi continuano a rendere dichiarazioni come se tutto fosse ancora in ballo, ancora da decidere. Quando in un’intervista di un paio di giorni fa su Fox News è stato chiesto a Kayleigh McEnany, portavoce di Trump, se l’attuale presidente avrebbe partecipato all’inaugurazione di gennaio lei ha risposto “Certo che Donald Trump sarà presente alla SUA inaugurazione”. Dello stesso tenore anche la dichiarazione di Mike Pompeo a un giornalista che gli chiedeva se ci sarebbe stata una transizione pacifica: “Ci sarà una transizione pacifica a una seconda amministrazione Trump”.

Ma Trump non pretende solo lealtà e dichiarazioni pubbliche dai suoi sostenitori, lui ha bisogno anche di soldi e così invita chi preferirebbe lui come presidente a donare qualche soldo per poter portare avanti le cause legali, pagare eventuali riconteggi in qualche stato dell’unione. Nel chiedere il sostegno economico da parte dei suoi fan Donald Trump si dimentica però di citare i dettagli, quelle cose generalmente scritte in piccolo che però rischiano di cambiare la destinazione dei fondi raccolti. Come anticipato da CBS già il 7 novembre e poi spiegato un breve articolo datato 9 novembre, a cui hanno fatto eco due lanci di Reuters e Associated Press l’11 novembre, le donazioni invocate da Trump per le cause legali atte a ribaltare il risultato elettorale potrebbero finire, in buona parte, ad appianare i debiti elettorali del presidente in carica.


Secondo quanto riporta la CBS “Almeno la metà di ogni donazione andrà a saldare i debiti della campagna (di Trump)” (…) “Per le donazioni alla campagna Trump in particolare, il 50% di ciascuna andrà a saldare il proprio debito e il restante 50% verrà depositato sul proprio conto Recount” cioè quello dedicato al riconteggio delle schede e al supporto legale. Lo stesso discorso vale anche per le donazioni fatte alla campagna di Trump congiuntamente al Republican National Committee (NRC). In tal caso “Il 60% verrà depositato sul conto generale della campagna elettorale per il ritiro del debito, o sul Recount Account della campagna nel caso in cui il debito sia stato estinto. Il restante 40% andrà al Conto Operativo del Comitato Nazionale Repubblicano. Eventuali ulteriori somme di denaro verranno depositate sul conto dei Legal Proceedings o su quello del Headquarters (sede centrale) del partito.”
A tale proposito vale la pensa di ricordare che la campagna elettorale di Trump aveva iniziato il mese di ottobre con una disponibilità di 60 milioni di dollari ma nell’ultimo mese di propaganda elettorale ne aveva spesi bel 160 milioni. Ma matematica indicherebbe dunque un debito di 100 milioni di dollari.

Reuters aggiunge poi altri dettagli raccontando che un donatore dovrebbe contribuire con più di 5000 dollari prima i vedere un suo soldo finire specificatamente nel conto che finanzia le azioni legali. Ne consegue che tutte le piccole donazioni non potranno mai andare a supportare le cause elettorali annunciate da Donald Trump.
Ma in che modo i votanti di Trump vengono approcciati in questo frangente? I suoi sostenitori ricevono una mail che porta a un sito chiamato “Official Election Defense Fund” il quale afferma di raccogliere denari per “Proteggere i risultati e continuare a combattere anche dopo l’Election day”. La mail di invito al sito recita: “Il presidente Trump ha attivato l’Official Election Defense Fund e abbiamo bisogno che TU ti impegni per assicurarci di avere le risorse per COMBATTERE contro potenziali frodi degli elettori”. Però, i destinatari di tale messaggio di posta elettronica farebbero a controllare la missiva da cima a fondo e con la lente di ingrandimento, così potrebbero scoprire che il grosso dei soldi donati troveranno ben altra destinazione rispetto a quella dichiarata in oggetto. “Se un donatore facesse scorrere la pagina” dice Reuters “arriverebbe ai dettagli, che mostrano come le donazioni sono suddivise tra il PAC “Save America”, che ottiene il 60% dei soldi, e RNC, che ottiene il restante 40%. In base alle rivelazioni, nessun denaro arriva al fondo del comitato ufficiale di Trump per il “riconteggio” fino a quando la quota di Save America di Trump non raggiunge il limite di contributo legale di 5.000 dollari.” Dunque, facendo un esempio “Se un sostenitore di Trump desse 500 dollari, per esempio, $300 andrebbero al PAC di Trump “Save America”, $200 alla RNC e nulla finirebbe nel suo fondo per la difesa elettorale.”

Ma come ha fatto notare NPR il 12 novembre non è solo Trump a lasciare i dettagli importanti in fondo alle richieste e ai moduli di donazione, anche la campagna di Biden adotta più o meno lo stesso stile. Il messaggio via mail con cui la campagna Biden-Harris sprona i suoi sostenitori è “Non possiamo dare la possibilità a Trump di vincere nessuna di queste cause solo non possiamo permetterci (economicamente) di reagire. Dobbiamo essere in grado di presentarci in tribunale per difendere la vittoria di Joe e Kamala … e per farlo contiamo su un’ondata di donazioni oggi al Biden Fight Fund”. Anche in questo caso infatti “I potenziali donatori troveranno in corsivo, in fondo alle e-mail di raccolta fondi di Biden, un disclaimer in cui si afferma che le donazioni andranno principalmente al Comitato Nazionale Democratico e secondariamente al Biden Fight Fund.”
Il giornale però fa notare anche una differenza: “Anche se la campagna Trump ha creato un conto di riconteggio separato e sta citando il costo del contenzioso post-elettorale nei suoi appelli per la raccolta di fondi, per la maggior parte, i soldi sono stati destinati al pagamento del debito in sospeso della campagna e ora verso un nuovo PAC legato al presidente Trump.” Dunque il principale risultato, fino a questo momento, non è stato quello di ottenere ragione presso le corti dei cinque stati chiamati in causa ma il tappare i buchi di bilancio e riempire un nuovo salvadanaio chiamato Save America PAC, creato da poco per le future ambizioni dell’attuale presidente americano, in cui confluirà il 60% delle contribuzioni sollecitate dall’Official Election Defense Fund di Donald Trump. Ovviamente, i fondi racimolati nel “leadership PAC” Save America potranno essere spesi con molta più discrezionalità rispetto a quelli versati sul conto di una campagna elettorale, che invece non possono essere impiegati per spese personali.


Secondo Brendan Fischer, direttore del Campaign Legal Center “Di solito non è nell’interesse di un candidato fuorviare in modo significativo i propri sostenitori, ma sembra che sia quello che sta succedendo con Il presidente Trump in questo momento”. Insomma, il PAC potrebbe facilmente trasformarsi in un “pacco” per i sostenitori di Donald Trump.
Sulla dubbia utilità di tutta l’operazione, presentata al pubblico come una guerra legale senza precedenti per tenersi l’avamposto della Casa Bianca, ha commentato anche un portavoce della campagna di Biden, Andrew Bate:Data la velocità con cui queste cause vengono espulse dal tribunale una dopo l’altra, ne consegue che non sono mai state progettate per avere successo e sono invece la triste base per uno spettacolo di cani e pony”.

Fonti: CNN, MSNBC, CNBC, Reuters, Associated Press, CBS, NPR, Campaign Legal Center

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Gigliola Antonazzi

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